Mercato auto elettriche: l'Europa può pareggiare l'offerta cinese? Per i produttori occorre mettere in atto una nuova strategia industriale
La temuta ‘invasione’ di auto elettriche cinesi in Europa è per il momento solo potenziale, visto che la quota di mercato non supera l’1,5%. Tuttavia, come sostiene il presidente del gruppo GAC, uno dei maggiori produttori di automobili in Cina, “competere nell’industria automobilistica è più una maratona che uno scatto breve. E richiede impegno e resistenza a lungo termine”. Significa che al di là dei dati di vendita di quest’anno oppure del prossimo, i cinesi sanno che alle condizioni attuali la ‘presa dell’Europa’ è solo una questione di tempo. E se i sudcoreani di Hyundai e Kia ci hanno messo vent’anni per sfondare da noi, loro ci metteranno decisamente meno. A meno che l’Europa stessa non si dia una bella svegliata come ha chiesto Sigrid de Vries, direttrice generale di ACEA (l’associazione dei produttori auto europei), in un’editoriale molto interessante nel quale sprona le istituzioni europee a mettere in campo tutte le risorse possibili per proteggere l’industria dell’auto e permetterle di competere con il ‘dragone’ cinese.
MERCATO AUTO: I NUMERI DELLA CINA NEL MONDO, OGGI E DOMANI
Prima di riportare le parole di Sigrid de Vries, vediamo qualche numero sulle potenzialità cinesi. Nel primo trimestre 2023, con un incredibile +80%, la Cina ha superato il Giappone come maggiore esportatore di automobili al mondo. A fine anno le vetture spedite all’estero da Pechino saranno circa 4,4 milioni, di cui 1,3 elettriche. Nel 2022 la produzione è più che raddoppiata da 10,3 a 23,8 milioni di pezzi. Secondo alcune stime citate dal Sole 24 Ore, le vendite annuali di autovetture con marchio cinese nei mercati esteri cresceranno fino a 9 milioni di veicoli entro il 2030: ciò darebbe ai brand cinesi il 30% della quota globale e il 15% in Europa. Addirittura Transport & Environment prevede che i costruttori cinesi potrebbero assicurarsi dal 9% al 18% del mercato europeo delle auto elettriche già entro il 2025.
INVASIONE CINESE? SERVE CAMBIARE LE POLITICHE INDUSTRIALI
Ma cosa può fare l’Europa di fronte a tali prospettive? Innanzitutto per de Vries sarebbe necessario cambiare le politiche industriali. Contrariamente ai loro omologhi in Cina e negli Stati Uniti, che hanno lanciato il rivoluzionario Inflation Reduction Act, i legislatori dell’UE hanno invece optato per un approccio più frammentario, spesso stabilendo prima degli obiettivi e affrontando solo in seguito o in modo insufficiente le condizioni quadro essenziali per attuarli. La direttrice generale di ACEA fa l’esempio del regolamento AFIR riguardante l’infrastruttura per i combustibili alternativi, che è arrivato in ritardo e non ha soddisfatto i requisiti minimi, e il recente regolamento UE sulle batterie, contenente dettagli ancora poco chiari e che ha aggiunto costi e complessità alla catena di approvvigionamento delle batterie in Europa (tutto questo mentre la Cina detiene il 75% della capacità di produzione mondiale delle batterie e ha quasi il monopolio sulle forniture di materie prime critiche).
Ovviamente ACEA apprezza gli sforzi dell’UE per aumentare la catena produttiva, tuttavia si tratta di sforzi per lo più disordinati: una politica veramente strategica dovrebbe invece affrontare le sfide in modo più coerente per essere all’altezza de considerevoli progressi compiuti in altre parti del mondo. Ma come?
AUTO ELETTRICHE: CINA COMPETITOR DELL’EUROPA MA ANCHE RISORSA PER PARTNERSHIP COMMERCIALI
Per prima cosa l’Europa, spiega Sigrid de Vries, deve accelerare la capacità di auto-sostenersi, senza però rinunciare a rinsaldare vecchi legami e a creare nuove partnership con Paesi terzi. Per dirne una, le recenti restrizioni all’esportazione cinese su germanio e gallio, due materiali vitali per i microchip, hanno fornito un’idea di ciò che potrebbe accadere se l’UE non trova un modo per diventare meno dipendente dagli altri, continuando comunque a mantenere relazioni commerciali aperte con la Cina e con altri. “Trovare un approccio equilibrato è importante, poiché l’apertura del mercato cinese – per quanto restrittiva possa essere ancora in diversi aspetti – ha fruttato notevoli benefici a molti produttori europei ed è destinata a continuare a farlo nonostante la concorrenza più agguerrita da parte dei loro marchi nazionali. La Cina è il più grande mercato automobilistico al mondo e un centro di produzione e innovazione molto serio per componenti e veicoli. Possiamo dire che la produzione cinese di veicoli ha raggiunto un notevole livello di maturità. […] Però i marchi europei hanno il vantaggio di avere una grande reputazione in tutto il mondo, e un solido retaggio su cui basare un’offerta sempre più forte e variegata di auto elettriche”.
ACEA: NUOVA STRATEGIA INDUSTRIALE PER UN’INDUSTRIA AUTO EUROPEA ECONOMICAMENTE SOSTENIBILE
Adesso ciò che è veramente in gioco è la competitività dell’Europa come sede naturale per le industrie manifatturiere. L’industria automobilistica europea, ricorda de Vries, sta subendo i costi della transizione verso l’elettrico (e l’idrogeno), operando tra l’altro in un contesto difficile fatto di norme rigorose, alti costi energetici e mercato saturo. Tuttavia un’industria strategica può prosperare solo in un contesto competitivo. E questo contesto occorre crearlo o per lo meno favorirlo. Per questo ACEA accoglie con favore gli spifferi in arrivo da Bruxelles che preannunciano il supporto delle istituzioni per la realizzazione di una robusta strategia industriale capace di alzare per davvero la posta in gioco, evitando un deleterio protezionismo (no a dazi e divieti che si ritorcono su di noi) ma creando le condizioni per un’attività economica sostenibile che renda l’Europa all’altezza della concorrenza, cinese e non.