Carrarmati invece di auto: Urso invita le Case a investire in armi

Carrarmati invece di auto: Urso invita le Case a investire in armi

Il Governo italiano, tramite il ministro Urso, propone di risolvere la crisi del settore automotive investendo di più nella difesa. È la scelta giusta?

17 Marzo 2025 - 12:10

Il ministro Urso, che ovviamente parla a nome del Governo, ha una ricetta ‘magica’ per risolvere la crisi dell’auto: riconvertire parte della produzione automobilistica (a proposito, a gennaio un terrificante -63% rispetto al già deficitario 2024) in industria bellica. Insomma, visto che la Commissione UE sta per mettere sul piatto 800 miliardi di euro per il piano di riarmo europeo, meglio approfittarne mettendosi a produrre carrarmati invece di auto. Tanto di automobili se ne vendono sempre meno, mentre il partito della guerra diventa tristemente sempre più forte.

MINISTRO URSO: “FILIERA AUTOMOTIVE DEVE INVESTIRE NELLA DIFESA”. TAJANI APPROVA, SINDACATI CONTRARI 

Adolfo Urso, titolare del ministero delle Imprese e del Made in Italy, ne ha parlato venerdì scorso al Tavolo automotive a cui hanno partecipato le Regioni, le imprese, l’Anfia, le organizzazioni di settore e i sindacati. “Il Mimit vuole incentivare le aziende della filiera automotive a diversificare e riconvertire le proprie attività verso settori ad alto potenziale di crescita, come difesa, aerospazio, blue economy e cybersicurezza“, ha detto il ministro, specificando che si tratta di “comparti in forte espansione e ad alta redditività”. Questa trasformazione, ha aggiunto Urso, può aiutare a “salvaguardare e valorizzare le competenze” degli addetti automotive con “le loro capacità tecniche e il capitale umano già formato”.

Oggi, in un’intervista a La Stampa, il ministro degli Esteri nonché vicepremier Antonio Tajani ha rincarato la dose affermando che il piano di riarmo europeo può anche rappresentare un modo per favorire la industria italiana e far crescere l’economia: “Investire nella Difesa significa far crescere il nostro sistema industriale e quindi creare lavoro. Ci sono molte industrie che si possono convertire, penso per esempio a chi produce componentistica per l’automotive“.

Tuttavia il principale sindacato metalmeccanico che c’è in Italia, la Fiom-Cgil, non vuole neppure prendere in considerazione questa ipotesi, sostenendo che governare la transizione non vuol dire passare dal green al militare: “Sarebbe una scelta di cui non vogliamo neanche discutere ma che sarebbe assurda dal punto di vista etico, industriale e occupazionale“. Più possibilista la Fim-Cisl: “Non pensiamo a chiudere le fabbriche dell’auto per fare operazioni militari ma a cogliere opportunità, soprattutto per la componentistica“.

CARRARMATI INVECE DELLE AUTO: IN GERMANIA GIÀ CI STANNO PENSANDO

Urso è poi tornato alla carica in un’intervista al Messaggero, ricordando che automotive e industria per la difesa hanno già molti campi in cui la produzione in qualche modo si interseca: “Un microchip già adesso può servire per un’auto o per un satellite. La scheda elettronica funziona sia in un veicolo urbano sia in un elicottero. Il cingolato muove un trattore agricolo come un blindato che tutela i nostri militari in Libano“. Insomma il dibattito è aperto e non riguarda solamente l’Italia. In Germania per esempio Rheinmetall, una delle maggiori aziende tedesche nel settore della difesa, ha appena annunciato che le sue fabbriche di Berlino e Neuss, attualmente dedicate alla produzione di componenti per auto, saranno riconvertite per la produzione di armi e munizioni, settore che si prospetta molto più remunerativo. Ma non solo: l’azienda è interessata a comprare da Volkswagen lo stabilimento di Osnabrück, uno dei tre che il gruppo VW pensa di chiudere, proprio per produrre materiale destinato all’industria bellica.

Tavolo automotive 14 marzo 2025

ECONOMIA MIGLIORERÀ TRASFORMANDO L’AUTOMOTIVE IN INDUSTRIA BELLICA? PARERI DISCORDANTI

Ma, dati alla mano, questo scambio ‘carrarmati al posto delle auto‘ può servire davvero a dare slancio all’economia? Un articolo apparso nell’inserto Economia del Corriere della Sera del 17/3/2025 riporta pareri abbastanza variabili. Secondo il Kiel Institute, se i Paesi dell’Unione Europea aumenteranno la spesa per la difesa al 3,5% del Pil, ci potrebbe essere un aumento del Pil europeo tra lo 0,9 e l’1,5% l’anno. Ci sono tuttavia studiosi molto meno ottimisti, per i quali la corsa al riarmo potrebbe rivelarsi una profezia ‘auto-avverante’ di conflitto con ricadute molto negative. Uno dei pareri più netti è quello di Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, secondo cui “è vero che lo sforzo bellico sostiene la domanda aggregata e può stimolare l’innovazione, ma distorcendone gravemente le finalità. I benefici economici sono infatti transitori e non eliminano la necessità di riconvertire l’economia una volta concluso il conflitto, anche nei Paesi coinvolti che non abbiano subito danni diretti sul territorio. La produzione di equipaggiamenti bellici non contribuisce ad aumentare il potenziale di crescita di un Paese: lo sviluppo deriva dagli investimenti produttivi e non dalle armi“.

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