Transizione ecologica frammentaria e crisi di mercato: durante la conferenza di fine anno UNRAE esorta l'urgenza di interventi strutturali per il settore automotive italiano
L’industria automotive italiana ed europea è a un bivio. Un settore fondamentale per l’economia, l’occupazione e le finanze, si trova oggi in balia di “narrative che rischiano di travisare le cause profonde della sua crisi”. Questo il messaggio chiave della conferenza stampa di fine anno di UNRAE, tenutasi a Villa Blanc, dove il presidente Michele Crisci ha delineato un quadro (allarmante e netto) sulla situazione attuale, ripercorrendo i molteplici fattori che l’hanno influenzato.
POLITICHE INCOERENTI E VISIONE STRATEGICA MANCANTE
È un momento critico per l’industria auto italiana, raccontato senza mezzi termini da Roberto Vavassori, presidente ANFIA durante l’assemblea pubblica, alla vigilia del tavolo per l’intesa tra Stellantis e il Governo sulle fabbriche italiane. “Attribuire la crisi dell’automotive al Green Deal è fuorviante”, ha affermato Crisci, smentendo le accuse che puntano il dito sulle politiche europee di transizione ecologica, durante la conferenza stampa UNRAE di fine anno a Roma. “I dati ci raccontano un’altra storia: dal 2000 al 2021, la produzione di auto nei cinque principali mercati europei è passata da 15,4 a 9,2 milioni di unità, mentre in Cina è cresciuta da 2 a 26 milioni. E tutto questo è avvenuto molto prima che il Green Deal entrasse in gioco.” Un altro esempio è il mercato nordamericano, che ha subito un calo del 14% tra il 2005 e il 2022, senza alcun impatto diretto dalle politiche europee.
Crisci delinea un contesto in cui, come è emerso anche dal Rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi, l’Europa è vittima di politiche incoerenti e di un’assenza di visione strategica, elementi che impediscono una transizione sostenibile sul piano economico e sociale. L’Italia, in particolare, paga un prezzo ancora più alto per le sue scelte altalenanti. Il caso dell’Ecobonus è emblematico: a giugno i fondi sono andati esauriti in poche ore, mentre a novembre il Governo ne ha annunciato la cessazione definitiva, dopo aver tagliato l’80% del Fondo Automotive. “La filiera non può prosperare senza un mercato in salute”, ha sottolineato Crisci, evidenziando la necessità di politiche stabili e lungimiranti.
UNRAE prevede per il 2024 un mercato auto stabile con 1,57 milioni di unità vendute, ben al di sotto dei livelli pre-pandemia del 2019, mentre il 2025 è destinato a rimanere stagnante. Anche i veicoli commerciali e industriali mostrano segnali di rallentamento: dopo una lieve crescita prevista per il 2024, il 2025 vedrà cali, rispettivamente, del 4% e del 16,5%.
PREZZI DELLE AUTO NUOVE E POTERE D’ACQUISTO IN CALO
Durante la conferenza stampa, il Direttore Generale di UNRAE, Andrea Cardinali, ha affrontato il tema dell’aumento dei prezzi delle automobili, spesso additato come altra causa principale della crisi. “È vero che il prezzo medio di un’auto è cresciuto del 58% dal 2011 al 2023, ma questo è dovuto a molteplici fattori: un cambiamento del mix di segmenti, modelli più tecnologici e sicuri, e un aumento dei costi industriali legati a energia, materie prime e logistica.”
Tuttavia, l’erosione del potere d’acquisto degli italiani, diminuito di tre punti percentuali nello stesso periodo, ha reso l’acquisto di un’auto un lusso per molte famiglie. Cardinali precisa anche che le auto di oggi sono in termini di sicurezza e di infotainment, “oggetti neanche lontanamente paragonabili a distanza di 10 anni.”
IL RITARDO ITALIANO NELLA TRANSIZIONE ELETTRICA
Un altro fattore di cui si è discusso durante la conferenza UNRAE è il ritardo italiano nell’adozione dei veicoli elettrici rispetto ad altri Paesi, a prescindere dal reddito pro capite. Mentre altri grandi mercati europei hanno raggiunto quote di auto elettriche ricaricabili tra l’11% e il 26%, l’Italia si ferma a poco più del 7%. La quota di auto elettriche pure è ancora più bassa, al 4%, ben lontana dai Paesi leader del Nord Europa (42,5%) e persino inferiore a quella di Paesi con PIL pro capite più basso come Grecia (5,2%), Spagna (5,5%) e Ungheria (7,2%).
LA NECESSITÀ DI INTERVENTI STRUTTURALI
Tra le cause di questo divario ci sono l’alto costo delle ricariche (più alto rispetto a Paesi come Francia e Spagna, secondo UNRAE) e una rete di colonnine ancora insufficiente. Nonostante un aumento del 38% in un anno, i punti di ricarica pubblici in Italia restano al di sotto della media europea: 11 ogni 100 km di strade, contro i 16,4 della media UE e i 125 dell’Olanda.
Per accelerare la transizione, UNRAE ha espresso l’urgenza di interventi concreti, tra cui un piano di sostegno pluriennale da almeno 1 miliardo di euro l’anno fino al 2027, una revisione del regime fiscale delle auto aziendali e uno sviluppo deciso delle infrastrutture di ricarica.
“La transizione ecologica non può basarsi su politiche frammentarie e incerte. Servono scelte chiare e strumenti concreti per garantire un futuro competitivo al settore automotive italiano ed europeo. Il momento di agire è ora”, ha concluso Crisci.