
Eni: il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento dell’AGCM sul caso Diesel+, ridefinendo il concetto di ‘green claim'
Il Consiglio di Stato dopo 4 anni ha respinto la tesi dell’Autorità Garante della Concorrenza e il Mercato (AGCM) secondo la quale Eni avrebbe messo in atto una pratica commerciale scorretta ai danni dei consumatori per la campagna pubblicitaria del carburante Eni Diesel+. È stata pertanto annullata la multa da 5 milioni di euro. Questo carburante era finito sotto la lente dell’Antitrust perché, pur presentato come ecologico ed economico, secondo le indagini dell’Autorità Garante non lo era abbastanza, come invece faceva credere la compagnia petrolifera, configurando l’ipotesi di pubblicità ingannevole. Ma adesso il Consiglio di Stato ha dato ragione a Eni.
Aggiornamento del 24 aprile 2024: il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Eni contro la multa dell’AGCM per la campagna pubblicitaria del carburante Eni Diesel+.
ENI DIESEL+: PERCHÊ IL CONSIGLIO DI STATO HA ANNULLATO LA MULTA PER PRATICA COMMERCIALE SCORRETTA
Il Consiglio di Stato ha dunque integralmente accolto il ricorso di Eni nel procedimento con il quale la società era stata condannata al pagamento di una sanzione di 5 milioni di euro. L’AGCM nel 2020 aveva contestato la valorizzazione in termini di beneficio ambientale della componente green costituita dalla percentuale di HVO (biocarburante idrogenato) miscelata nel diesel. Tuttavia, a distanza di quattro anni, il Consiglio di Stato ha definitivamente accertato che nessuna pratica commerciale scorretta è stata messa in atto da Eni ai danni dei consumatori e che gli addebiti a suo tempo mossi dall’AGCM sono da ritenersi infondati, disconoscendo il principio secondo cui termini quali green e simili non possano mai essere associati a prodotti considerati, per loro natura, non ‘a impatto zero’ sull’ambiente.
È stato infatti riconosciuto che “non può dubitarsi, in linea di principio, della legittimità dell’impiego di claim ‘green’ anche in relazione a prodotti (come nel caso di specie un carburante diesel) che sono (e restano) in certa misura inquinanti ma che presentano, rispetto ad altri, un minore impatto sull’ambiente”.
Nel corso del procedimento Eni aveva sempre sostenuto la veridicità dei vanti ambientali del Diesel+ basandosi su prove scientifiche documentate, definendo green la componente di HVO in esso contenuta al 15% e specificando in termini relativi che il Diesel+, grazie a questa componente green, era meno inquinante degli altri carburanti venduti in quel momento sul mercato.
Eni ha accolto con soddisfazione la pronuncia del Consiglio di Stato, sottolineando che si chiude finalmente una vicenda che ha causato alla società un rilevante danno economico nonché reputazionale, avvalorando ingiuste accuse di ‘greenwashing’ che si sono poi rivelate totalmente infondate: “Viene così affermata la correttezza dell’operato di Eni“, si legge nel comunicato della compagnia petrolifera, “rispetto a un’accusa che è stata spesso utilizzata in modo del tutto ingiusto e strumentale per sminuire in modo infondato le proprietà di abbattimento delle emissioni dei propri biocarburanti, che oggi vengono distribuiti anche in purezza, migliorando ancora di più la riduzione delle emissioni climalteranti“.
COME ERA INIZIATA LA VICENDA ENI DIESEL+: LA DENUNCIA DEGLI AMBIENTALISTI
L’istruttoria dell’AGCM era iniziata nel 2020 su segnalazione di alcune organizzazioni ambientaliste. Al centro della denuncia contro ENI c’era la “non dimostrata e non dimostrabile” riduzione delle emissioni nocive del 40%. In realtà all’epoca erano emerse delle prove sull’efficacia del Diesel secondo cui i vantaggi si rivelavano piuttosto circostanziati. Come riportava Qualenergia.it, su pochi veicoli testati con il biodiesel “ecologico” solo un autobus piuttosto vecchio aveva tratto benefici allo scarico con il diesel+ ENI.
L’Antitrust aveva quindi contestato la massiva pubblicità che per alcuni mesi aveva promosso i vantaggi del Diesel ENI, condizionando gli automobilisti eticamente coinvolti. “Si può presupporre che i claim“, spiegava l’Antitrust, “possano aver avuto un’influenza ingannevole, derivava dalla confusione fra il prodotto pubblicizzato Eni Diesel+ e la sua componente biodiesel HVO (Hydrotreated Vegetable Oil). Denominandolo “Green Diesel”, ENI attribuiva al prodotto vantaggi ambientali che non sono risultati fondati”. Proprio denominazioni “Green Diesel”, “componente green” e “componente rinnovabile” avevano, secondo l’Autorità Garante, suggestionato i consumatori. Lo stesso per claim ritenuti incisivi come “aiuta a proteggere l’ambiente. E usandolo lo fai anche tu, grazie a una significativa riduzione delle emissioni”. “Sebbene”, affermava l’AGCM, “il prodotto sia un gasolio per autotrazione che per sua natura è altamente inquinante e non può essere considerato “green””.
DUBBI ANCHE SUL RISPARMIO DI DIESEL+ ENI?
Ai tempi l’AGCM aveva contestato anche il presunto risparmio derivante dall’uso di Eni Diesel +. Dalle risultanze investigative dell’Antitrust non risultavano infatti così omogenei ne i vantaggi ambientali ne i risparmi reali di carburante. A fronte della pubblicizzata riduzione delle emissioni fino al 40%, CO2 -5% e consumi -4% infatti, Diesel+ non era risultato così vantaggioso. “Non per tutte le emissioni gassose e non in tutti i casi la riduzione risultava raggiungere il 40%”, spiegava l’Antitrust. “Per i consumi, la riduzione era solo in minima parte imputabile alla componente HVO”. In pratica non risultava chiaro che la riduzione di CO2 dovuta all’HVO riguardava l’intero ciclo di produzione.
Ma la sentenza del Consiglio di Stato dell’aprile 2024 ha completamente ribaltato le testi dell’AGCM dando pienamente ragione a Eni.