Il capo del brand Volkswagen, Thomas Schäfer, evidenzia che potrebbero esserci tagli di posti di lavoro per fronteggiare il momento difficile
Margini risicati per il marchio Volkswagen (solo il 3%), complicata transizione verso l’elettrico e un futuro tutto da decifrare: di qui, la possibilità che la dirigenza decida per un inevitabile taglio della forza lavoro. Questo in sintesi il discorso di Thomas Schäfer, capo del brand tedesco, durante l’assemblea generale dei rappresentanti sindacali presso la sede di Wolfsburg. Ormai avere la leadership europea in termini di vendite non basta, occorre guadagnare di più su ogni auto immatricolata, rispetto all’attuale cosa che per adesso non avviene.
COMPETITIVITÀ CERCASI
Schäfer ha sottolineato quanto sia critica la situazione per il colosso germanico: “Con molte delle nostre strutture, non siamo più competitivi”, in un mondo automotive in continua trasformazione, alle prese col passaggio dal termico alla mobilità a batteria, imposta dall’Unione europea. Comunque, sindacati e lavoratori di ogni livello erano e sono consapevoli del periodo incerto vissuto da Volkswagen, di cui Schäfer ha già parlato in passato. Non c’è stata nessuna tensione pertanto fra management e rappresentanti aziendali: le parole dell’amministratore delegato non hanno acceso la miccia della polemica verbale. La “tempesta perfetta” in atto nel mondo auto e nella Volkswagen è in atto da anni, senza per ora che siano state adottate misure all’altezza.
CHE BRUTTE PERCENTUALI
In particolare, sconfortante il paragone fra due numeri. Nel terzo trimestre 2023, le vendite di veicoli elettrici in Europa sono aumentate del 52% rispetto all’identico periodo 2022, mentre Volkswagen ha registrato solo un rialzo del 34% delle immatricolazioni: un disallineamento notevole. Con conseguenze pesanti a livello di quote di mercato per il gigante teutonico. Anche sotto il profilo della tradizione e della mentalità, è uno sconvolgimento storico per VW, abituata a dominare ovunque nel Vecchio Continente, con l’ex regina incontrastata per decenni, la sua berlina Golf.
SE POTESSI AVERE 10 MILIARDI
Morale: se i margini non salgono, devono scendere le uscite. Col programma di risparmio VW “Accelerate Forward – Road to 6.5”, nel 2026 i costi dovrebbero diminuire di dieci miliardi di euro. E, in parallelo, il margine salire dal 3% al 6%. Attraverso quelle che Schäfer definisce pietre miliari del programma, come la razionalizzazione e l’accelerazione dei processi amministrativi, l’aumento dell’efficienza nello sviluppo e nella produzione, oltre alla razionalizzazione della gamma di modelli. In più, si punta alla riduzione del numero di varianti di equipaggiamento e al miglioramento della qualità del prodotto. Se il programma andrà in porto, secondo il capo VW l’azienda avrà modo di “salvaguardare i posti di lavoro, finanziare il futuro e continuare a investire in nuovi mezzi e tecnologie, ammodernando gli impianti e formando il personale”.
PROBLEMA CINESE
Oltre all’exploit senza precedenti della Tesla nel mondo, è la Cina a preoccupare VW. Il Paese del Dragone è il primo mercato per la Casa tedesca, ma da mesi la concorrenza dei Costruttori orientali si è fatta fortissima, grazie a investimenti colossali. Impressionante, in particolare, l’ascesa della Byd. Così, per fronteggiare lo tsunami di Pechino, Wolfsburg ha modificato il piano di spesa quinquennale. Schizzato a marzo 2023 a 180 miliardi di euro: di questi, 122 miliardi per sostenere lo sviluppo del software, della gamma di veicoli elettrici.
QUALI CONTROMOSSE
La strategia VW prevede soprattutto di puntare sui due toolkit principali, il Modular Transverse Toolkit (MQB) e il Modular Electric Drive Toolkit (MEB). Concentrandosi su modelli che hanno maggiori volumi ed eliminando le complessità: solo per fare un esempio, il modello ID.7 avrà il 99% in meno di configurazioni possibili rispetto alla Golf 7. Dopodiché, ma questo non è nel programma della Casa tedesca, uno dei target potrebbe essere quello di dare di nuovo smalto al marchio a livello d’immagine e di status symbol. Operazione necessaria ormai dal lontano Dieselgate di settembre 2015.