Arriva la sentenza d'appello per la strage del bus ad Avellino nel 2013: l'ex AD di Autostrade, Giovanni Castellucci, condannato a 6 anni
La Corte d’Appello di Napoli ha ribaltato la sentenza di primo grado condannando a 6 anni di carcere Giovanni Castellucci, ex AD di Autostrade per l’Italia, per le responsabilità sulla strage del bus precipitato dal viadotto Acqualonga a Monteforte Irpino (Avellino) mentre percorreva l’autostrada A16 la sera del 28 luglio 2013, provocando la morte di 40 persone. Con Castellucci sono stati condannati in appello, sempre per 6 anni, l’allora DG di Aspi e due dipendenti della concessionaria autostradale.
STRAGE BUS DI AVELLINO: COSA ACCADDE LA SERA DEL 28 LUGLIO 2013
Il gravissimo incidente avvenne la sera del 28 luglio 2013 lungo l’A16 nei pressi di Monteforte Irpino (AV), quando un pullman, a causa di un guasto all’impianto frenante e alla mancata resistenza del guardrail autostradale, precipitò dal viadotto Acqualonga provocando 40 vittime su 48 persone a bordo, incluso il conducente del mezzo Ciro Lametta.
Quando il bus di proprietà dell’agenzia di viaggi Mondo Travel, proveniente da Telese Terme e Pietrelcina, si apprestava a salire in territorio di Monteforte Irpino, un giunto cardanico dell’albero di trasmissione si ruppe tranciando l’impianto frenante. A quel punto il pullman diventò ingovernabile per l’assenza di freni e il veicolo cominciò a sbandare, urtando varie automobili e furgoncini bloccati nel traffico dell’autostrada, dopodiché vi fu un primo impatto con il guardrail del viadotto Acqualonga. L’autista cercò di far rientrare il bus in carreggiata, ma il pullman impattò per la seconda volta con il viadotto. I new jersey esterni non resistettero all’urto, lasciando che il bus precipitasse dal viadotto per circa 30 metri in una vallata. I pochi superstiti hanno raccontato che poco prima dell’incidente avevano avvisato invano l’autista di strani rumori provenienti dall’interno del mezzo.
STRAGE BUS AVELLINO: TUTTE LE CONDANNE IN APPELLO
Insieme alla condanna a 6 anni per Giovanni Castellucci, AD di Autostrade all’epoca dei fatti, per il DG Riccardo Mollo e per due dipendenti della società, Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna, i giudici d’appello hanno anche confermato, riducendo leggermente le pene, le condanne di primo grado ai dirigenti di Aspi Paolo Berti e Nicola Spadavecchia (5 anni per entrambi), mentre i dipendenti Gianni Marrone, Gianluca De Franceschi e Bruno Gerardi sono stati condannati a 3 anni.
Come riporta Il Fatto Quotidiano, il resto della sentenza di primo grado è stata integralmente confermata, con esclusione della falsa revisione del bus, per la quale erano stati condannati il titolare della ditta del bus Gennaro Lametta (fratello dell’autista deceduto) e la dipendente della Motorizzazione civile di Napoli, Antonietta Ceriola, poiché nel frattempo è intervenuta la prescrizione. Il primo era stato condannato a 12 anni e la seconda a 8 anni, ridotte in secondo grado rispettivamente di 3 e 4 anni.
STRAGE PULLMAN DI AVELLINO: LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI
Nel corso del procedimento giudiziario, sotto le lenti dei PM sono finiti lo stato di manutenzione e sicurezza del pullman e la manutenzione delle barriere di sicurezza autostradali. Nel primo caso il bus, immatricolato nel 1985 e con 800.000 km percorsi, circolava, secondo l’accusa, con un certificato di revisione falso.
Per quanto riguarda invece il guardrail, il perito del giudice di primo grado ha sostenuto nella sua analisi che la strage si sarebbe potuta evitare e “derubricare in grave incidente stradale se solo le barriere fossero state tenute in perfetto stato di conservazione”. Infatti per il perito, se ASPI avesse adempiuto a quest’obbligo, la traiettoria impazzita del pullman avrebbe avuto un altro esito e il mezzo “sarebbe stato concretamente trattenuto in carreggiata, fino al suo arresto definitivo”. I perni che ancoravano il guardrail al terreno erano stati corrosi dal sale che, in quel tratto di autostrada, veniva impiegato per fronteggiare neve e ghiaccio.
STRAGE VIADOTTO ACQUALONGA: CASTELLUCCI NEGA LE ACCUSE
Giovanni Castellucci ha commentato la sentenza di secondo grado negando ogni responsabilità: “Non posso togliermi dalla testa che questa sia una giustizia condizionata dalla esigenza superiore di trovare un capro espiatorio in presenza di tante vittime alle cui famiglie va, ancora una volta, il mio sincero e profondo cordoglio”. Per l’ex AD di Aspi la condanna è frutto di “una giustizia alimentata da un flusso continuo di falsità e disinformazione: l’AD come responsabile di tutto, come se i principi dell’affidamento non esistessero. Mi si imputa di non aver sostituito, io che ero amministratore delegato del Gruppo e non avevo alcuna conoscenza tecnica e responsabilità operativa, la barriera del ponte Acqualonga. Sono comunque fiducioso, insieme ai miei legali, che la inconsistenza di questa sentenza sarà accertata dalla Cassazione“.