Ecco quali aziende automotive in Russia e dintorni sono alle prese con le conseguenze scaturite dalla guerra in Ucraina
Le aziende automotive in Russia devono affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina e delle sanzioni. Gli effetti del conflitto si registreranno, inevitabilmente, sulle vendite di auto (la Russia è un mercato da oltre 1,5 milioni di veicoli venduti ogni anno). A dover fare i conti con le sanzioni, però, sono anche i costruttori che hanno investito in Russia con impianti di produzione dove realizzare veicoli e componenti da esportare (anche) in Unione Europea. Lo scoppio del conflitto e le immediate sanzioni hanno causato un altrettanto immediato blocco per diversi impianti di produzione.
AZIENDE AUTOMOTIVE IN RUSSIA: RENAULT IL COSTRUTTORE PIÙ COLPITO
La reazione dei produttori alle sanzioni è stata quasi immediata. Diverse aziende hanno progressivamente annunciato una serie di fermi produttivi per i vari impianti dislocati nella Federazione russa, soprattutto per quanto riguarda le attività produttive strettamente collegate al mercato europeo. Da segnalare, inoltre, il particolare caso di Renault, principale gruppo europeo in Russia con la controllata AvtoVAZ e il brand Lada che valgono più del 6% dei ricavi complessivi del gruppo francese. Lo stabilimento di Togliatti nell’Oblast di Samara, sede di produzione di veicoli a marchio Lada e Renault, ha già registrato diversi stop produttivi nel corso delle ultime settimane. Ufficialmente, lo stop è legato alla carenza di componenti e non rappresenta una diretta conseguenza delle sanzioni. Il collegamento con la guerra è però evidente. Il gruppo Renault ha già perso quasi il 40% del suo valore sul mercato azionario nel corso dell’ultimo mese. L’impianto di AvtoVAZ è fortemente legato al mercato interno (Lada è il brand principale in Russia con oltre il 22% di market share, 5 punti percentuale in più di Fiat in Italia). Le sanzioni, come evidenziato da vari analisti di settore, colpiranno anche le vendite di auto sul mercato russo. Secondo le stime del Centro per la Ricerca Automotive di Duisburg, nel 2022 si registrerà un dimezzamento delle vendite di auto in Russia. La produzione è inevitabilmente destinata a calare.
L’INDUSTRIA AUTOMOTIVE IN RUSSIA SI FERMA
Per i costruttori esteri che avevano scelto la Russia per delocalizzare la produzione, inoltre, le cose non andranno meglio:
– Hyundai ha fermato lo stabilimento di San Pietroburgo. Il gruppo coreano è tra i leader in Russia per vendite e parte dei suoi volumi sono strettamente collegati alla produzione locale con una produzione annuale di circa 200 mila unità. L’azienda ha confermato che la produzione è bloccata “fino a nuovo avviso a causa di problemi logistici globali in corso con la consegna dei componenti”.
– Una scelta simile è arrivata da Toyota che ha bloccato il suo impianto, sito sempre a San Pietroburgo, a causa della guerra e delle relative sanzioni. Il sito, che registra volumi di 80 mila unità all’anno circa, è fermo, stando alle dichiarazioni ufficiali, per via “di interruzioni della catena di approvvigionamento”. Al momento, i siti di Hyundai e Toyota resteranno fermi fino a ulteriori sviluppi.
– BMW ha stoppato la produzione nell’impianto di Kaliningrad a causa “della situazione geopolitica”. L’azienda bavarese, lo scorso febbraio, aveva rinnovato la sua partnership con la russa Avtotor prevedendo un investimento da oltre 400 milioni di euro.
– Il gruppo Volkswagen, tra i principali produttori europei in Russia, ha interrotto la produzione negli stabilimenti di Kaluga e Nizhny Novgorod sottolineando che lo stop è legato “all’attacco russo”.
– Kaluga è anche sede di un impianto di produzione di Stellantis che realizza in Russia veicoli commerciali a marchio Peugeot, Opel e Citroen. Per i prossimi mesi era programmata anche la partenza della produzione del nuovo Fiat Scudo con l’obiettivo di esportare una quota rilevante dei volumi in Europa.Per ora, però, è tutto congelato. Carlos Tavares, CEO di Stellantis, ha già anticipato che l’azienda è pronta a spostare la produzione in altri stabilimenti (i veicoli commerciali in questione sono già realizzati in altri stabilimenti europei).
– Mercedes, che dal 2019 può contare su di un impianto all’avanguardia nei sobborghi di Mosca, ha annunciato la sospensione “fino a nuovo avviso” della produzione. Da notare anche la presa di posizione di Daimler Truck, da pochi mesi scorporata da Mercedes, che ha interrotto la produzione e la partnership con il produttore locale Kamaz, fornitore anche dell’esercito russo.
– Situazione simile anche per Ford che produce van in Russia in collaborazione con l’azienda locale Sollers. La produzione è sospesa e la casa americana è pronta a interrompere la partnership.
STOP ANCHE ALLA DISTRIBUZIONE AUTOMOTIVE
C’è un altro aspetto che rischia di avere un impatto significativo sul settore automotive. Con lo scoppio del conflitto, la quasi totalità delle case produttrici (ancora prima dell’arrivo delle sanzioni dall’UE) hanno interrotto la distribuzione di veicoli in Russia, un mercato di grandezza rilevante e solo in parte legato alla produzione interna. Oltre ai problemi produttivi, le case costruttrici dovranno fare i conti con una riduzione delle consegne in Russia che avrà in impatto inevitabile sulla produzione in Europa.
A RISCHIO ANCHE LA PRODUZIONE DI PNEUMATICI IN RUSSIA
La produzione di pneumatici a livello europeo e globale rischia di risentire degli effetti della guerra. Pirelli gestisce due stabilimenti in Russia ed anche Bridgestone e Continental hanno impianti nel Paese, rispettivamente a San Pietroburgo e Kaluga. Anche Michelin è presente in Russia con un impianto a Davydovo. Gli impianti in questione stanno registrando blocchi produttivi e l’impossibilità di esportare rende alla lunga impossibile ripristinare i precedenti livelli produttivi. La produzione di gomme non è solo russa. In Ucraina ci sono tre produttori attivi (Rosava, Dneproshina ed Eurotire) e molte fabbriche negli Stati limitrofi potrebbero dover fare i conti con rallentamenti o blocchi produttivi a causa di carenza di materie prime. Il rischio concreto è di un taglio netto delle capacità produttive dell’intero comparto che potrebbe impattare, ulteriormente, sull’intero settore automotive.
CARENZA DI COMPONENTI ANCHE PER LA PRODUZIONE IN EUROPA
Il conflitto in Ucraina impatta anche sulla componentistica. Faurecia e Schaeffler hanno impianti attivi in Russia e le sanzioni hanno portato o porteranno ad un inevitabile stop produttivo o al progressivo disimpegno nel mercato locale, anche considerando l’impossibilità di esportazione verso l’UE. La componentistica e i problemi di fornitura rappresentano un altro elemento centrale della situazione del settore automotive. Volkswagen, ad esempio, ha segnalato problemi con i fornitori con sede in Ucraina che, per ovvie ragioni, non possono rispettare le consegne previste. Questi ritardi hanno già causato lo stop della produzione a Zwickau, impianto dove vengono realizzate auto elettriche del gruppo. Anche l’impianto di Wolfsburg prevede un taglio della produzione a causa di problemi con i fornitori. Il colosso tedesco si prepara a tagliare anche la produzione di veicoli commerciali ad Hannover per lo stesso motivo. La carenza di componenti ha frenato anche la produzione di brand di lusso come Porsche e Lamborghini. La logistica e la gestione delle catene di approvvigionamento sono, allo stato attuale delle cose, un problema di grande rilevanza per il settore automotive, in particolare per l’Europa. I rapporti con aziende commerciali russe e ucraine prima dello scoppio del conflitto erano molto stretti. Le sanzioni e il blocco del traffico aereo rendono impossibile gli scambi con la Russia mentre i bombardamenti russi hanno interrotto tutto il sistema produttivo ucraino.
LA CRISI DEI CHIP POTREBBE PEGGIORARE
Tra gli effetti della guerra in Ucraina, nel lungo periodo, c’è anche un possibile peggioramento della crisi dei chip che, dopo aver condizionato la produzione del settore automotive nel 2021, continua a rappresentare un fattore rilevante per le case costruttrici. Alcuni componenti essenziali per la produzione di semiconduttori (argo, xeno e soprattutto il neon necessario per i laser dei macchinari litografici) sono strettamente legati alle aree coinvolte dal conflitto. In particolare, dall’Ucraina arriva circa il 50% delle forniture di neon a livello mondiale. Una volta esaurite le scorte di materie prime, nel corso del prossimo futuro, i prezzi legati alla produzione di semiconduttori inizieranno ad aumentare con il rischio, concreto, di una progressiva riduzione della disponibilità. Anche in questo caso, l’impatto sulla produzione del settore automotive, non solo in Russia ma in tutto il mondo, potrebbe essere significativo.