Blocchi del traffico: l'auto è solo la punta dell'iceberg e i Comuni lo sanno

Blocchi del traffico: l'auto è solo la punta dell'iceberg e i Comuni lo sanno I Comuni puntano il dito contro lo smog da auto

I Comuni puntano il dito contro lo smog da auto, ma si sprecano gli studi autorevoli che dimostrano quanto questa sia colpevole solo in minima parte

7 Gennaio 2016 - 10:01

Con l'arrivo dell'inverno e il prolungato periodo di alta pressione con assenza di precipitazioni, assistiamo puntualmente al solito teatrino a base di allarmismo psicologico e demagogico orchestrato dalle pubbliche amministrazioni e dal Governo, ben spalleggiati da gran parte dell'informazione TV e stampa. I media, ostentando un servilismo assai lontano dal concetto di informazione obiettiva, si guardano bene dal mettere in discussione le decisioni insensate  prese dalle istituzioni contro il nemico di sempre: l'auto, intesa come veicolo di mobilità privata ed autonoma, colpevole a loro dire, dello sforamento del limite normativo delle polveri sottili nell'aria (PM10 – vedi i test sull'utilizzo di etanolo nei motori diesel per ridurre il particolato), fissato a livello europeo in 50 mcg/m3. Dopo la inutile pantomima della circolazione a targhe alterne (riproposta a vario titolo da ben 42 anni), il fermo esteso arbitrariamente anche alle auto euro 5 immatricolate fino a pochi mesi fa, ne abbiamo parlato qui,  le domeniche con il ridicolo divieto di circolazione stabilito a priori con mesi di anticipo, il blocco inutile del traffico urbano a Milano, ora  il Ministro Galletti, dopo aver consultato i competenti ambientalisti suoi consiglieri, ha superato ogni realistica immaginazione imponendo il limite di 30 km/h nelle aree urbane. Possibile che nessun esperto consulente ministeriale abbia spiegato al Ministro che riducendo la velocità aumentano i tempi di percorrenza, quindi la presenza dei veicoli in strada, con l'aggravante che su molte auto, per mantenere la velocità sotto i 30 km/h, si è costretti ad usare un rapporto al cambio più corto con conseguenti maggior regime di rotazione del motore e maggiore consumo di carburante ed emissioni? Non serve mica uno scienziato per capire che questo “rimedio” sia peggiore del male; basterebbe che il Ministro leggesse i valori di consumi omologati dichiarati dalle Case per scoprire che i consumi nel ciclo urbano (media 19 km/h) sono sempre peggiori, e di molto,  rispetto a quelli ottenuti nel ciclo extraurbano.

LE VECCHIE AUTO A GPL O METANO ESENTATE DAL BLOCCO – Inoltre, ancora nessun legislatore ha mai spiegato in base a quali principi tecnici e scientifici viene consentita la circolazione alle auto ibride,  bi-fuel GPL (scopri la nuova puntata di #SicurEDU sugli impianti GPL) o metano (comprese le vetture ultraventennali a carburatori ovviamente prive di catalizzatori), dal momento che nessuno può controllare, nella realtà, se le batterie di trazione (che hanno un'autonomia in modalità solo elettrica di pochi km) siano ormai  scariche quindi pressoché inattive, (vedi la nostra prova nel traffico urbano con la Toyota Prius Plug-in) e se le bi-fuel stiano funzionando a benzina anziché a gas. Come se non bastasse,  su  questi veicoli  si ottengono spesso valori di consumo reale (e quindi di emissioni) pari o molto simili alle auto euro 5 ed euro 4 diesel o benzina che però sono ormai demonizzate. Come definire tutto ciò se non pura discriminazione demagogica mista a incompetenza? Ma  vogliamo sottolineare anche un altro aspetto estremamente significativo che emerge da un recente studio condotto lo scorso anno dall'Agenzia Comunale Mobilità e Ambiente di Milano secondo cui la percentuale più importante (71%) delle polveri sottili dovute al traffico veicolare, oggi è prodotta dall'inevitabile consumo del materiale di attrito dei freni e dall'usura degli pneumatici (mezzi pubblici compresi), mentre solo il 29% deriverebbe dalle emissioni degli scarichi. Questi dati, ignorati (volutamente?) o sottovalutati dagli amministratori e dagli ecologisti da salotto, non ci sorprendono affatto, ben conoscendo il superlavoro a cui sono sottoposti i freni nel congestionato traffico cittadino. Alla luce di questi rilievi ufficiali, perfettamente applicabili su scala nazionale, non ha alcun senso logico continuare a vietare la circolazione a gran parte delle auto (persino le euro 5 prodotte e immatricolate pochi mesi fa)   tranne le euro 6, le ibride, le bi-fuel e quelle elettriche, dal momento che anche le vetture “privilegiate” ammesse alla circolazione contribuiranno a quel 71% di polveri sottili provenienti da freni e pneumatici. Finalmente un'analisi seria e per di più da fonte insospettabile, farebbe crollare il paradigma “ecosostenibile” dell'auto elettrica o ibrida come soluzione definitiva per il miglioramento della qualità dell'aria nelle città. Dubitiamo fortemente che si riesca  a realizzare un'auto elettrica senza freni e senza pneumatici.

UN MILIONESIMO DI GRAMMO –  Forse vale la pena spiegare più in dettaglio il significato dell'unità di misura delle polveri sottili, indicate con la sigla PM10 (Particulate Matter con diametro aerodinamico pari o inferiore a 10 micron). Come detto, il limite di accettabilità della concentrazione di dette polveri nelle aree urbane è fissato dalle normative europee in 50 mcg/m3, vale a dire 50 microgrammi per metro cubo di aria. 1 microgrammo equivale ad 1 milionesimo di grammo o se preferite ad un millesimo di milligrammo (1mcg = 0,001 mg). Dunque si tratta di una quantità in peso realmente infinitesimale.

ANNI '60 RICCHI E INQUINATI – Per dare un'idea di come l'aria delle nostre città (in particolare a Milano) sia oggi infinitamente più pulita rispetto a 30, 40, 50 anni fa, basti pensare che negli anni '60 a Milano, in pieno boom economico e industriale, si toccavano punte di ben 1700 mcg/m3 di polveri sottili. Il fenomeno era essenzialmente causato dalla combustione del carbone per alimentare le industrie, le centrali termoelettriche, il riscaldamento urbano. Ma anche la circolazione veicolare, assolutamente libera e priva di vincoli normativi, forniva il suo contributo non solo in termini di particolato ma anche e soprattutto per ciò che riguarda le emissioni gassose di CO, HC, NOx, SOx CO2; vedi cosa cambia tra le normative Euro 5 ed Euro 6. In quegli anni i controlli sulla qualità dell'aria erano agli inizi, nessuno se ne curava più di tanto, non esistevano normative specifiche, l'inquinamento ambientale in genere era un concetto sconosciuto o molto vago, considerato come la contropartita scontata del grande sviluppo industriale e del benessere raggiunto con grandi sacrifici dopo la ricostruzione post-bellica. Chi ricorda l'aria cupa di Milano, specie in inverno, degli anni '60 e fino ai primi anni '80, non può non ammettere che la situazione attuale sia nettamente migliore e tutt'altro che drammatica. Invece le istituzioni, spalleggiate dai loro consulenti ambientali in cerca di facile consenso, ci vogliono far credere tutto il contrario, che l'aria delle nostre città è ormai irrespirabile a causa dello smog causato dalle auto private e che i decessi per malattie polmonari sono aumentati. Il Prof. Umberto Veronesi, un vero esperto in materia, ha più volte sostenuto che l'inquinamento da polveri sottili non è causa di tumori al polmone. Anche i dati divulgati dall'ARPA Lombardia dimostrano senza ombra di dubbio che da vari anni a Milano l'inquinamento dell'aria si è stabilizzato su valori bassi al di sotto della soglia di legge ad eccezione delle polveri sottili che in inverno, in assenza di precipitazioni può superare la fatidica soglia dei 50 mcg/m3 come nei giorni scorsi durante i quali si sono avuti picchi di oltre 100 mcg/m3.

NEGLI ANNI '80 NON ANDAVA MEGLIO – L'ing. Enrico De Vita uno dei giornalisti più esperti e documentati  del settore auto, qualche tempo fa ha riportato su un suo articolo, pubblicato dalla rivista AUTO, i valori di polveri sottili  riscontrati a Milano negli anni 1978-88/89 nella prima stazione di rilevamento di V.le Liguria. Ebbene, in quegli anni le medie annuali oscillano da un max. di 179 mcg/m3 del 1987 ad un minimo di 114 del 1984 (il triplo delle medie attuali). I giorni di sforamento del limite di 300 mcg/m3 sono stati 46 nell'85 e 44 nell'87. Negli ultimi 10 anni, annota De Vita, la media a Milano è scesa a 55 mcg/m3. Negli anni '80 l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva fissato la soglia di attenzione per le polveri sottili a 300 mcg/m3 con soglia di allerta a ben 375. Negli ultimi anni il limite è stato ridotto a 50 mcg/m3 per un massimo di 35 giorni all'anno. Tuttavia la UE, precisa ancora De Vita, ha invitato i pubblici amministratori a misurare solo le polveri pericolose scorporando quelle di origine naturale o dovute a condizioni meteo/ orografiche particolari come in pianura padana. Ma ce li vedete Voi i nostri efficientissimi amministratori fare un lavoro così accurato per tirar fuori dati più attendibili? Certamente è molto più semplice fare di tutta l'erba un fascio, dichiarare lo “stato di emergenza” e avere così il consueto  pretesto di attaccare gli automobilisti penalizzando per ennesima volta il loro diritto alla mobilità.

LO STUDIO DEL PROF. LENZ –  Molto eloquente a tale proposito lo studio del Prof. Lenz dell'Università di Vienna ed esperto di inquinamento. Secondo Lenz almeno il 43% di polveri è prodotto nella stagione invernale dalle centrali elettriche, dall'industria e dal riscaldamento domestico. Queste fonti incidono anche all'esterno delle città. Il traffico veicolare esterno e interno alla città vale in totale il 26% (15% pneumatici + 11% scarichi). Di questo 26% solo il 9% viene emesso dagli scarichi delle auto, mentre il 30% proviene dall'usura pneumatici e pastiglie dei freni (scopri tutte le curiosità sui freni nel nostro #SicurEDU sulle pastiglie freno). Il restante proviene dai veicoli industriali (33% scarico, 28% pneumatici). Dunque, poiché il blocco del traffico, parziale o totale che sia, è in funzione del livello di emissioni allo scarico, possiamo affermare, concordando con il Prof. Lenz, e con l'ing. De Vita, che quel 9% di polveri dai gas di scarico corrisponde al 2,5% del totale. Ne consegue che in caso di blocco totale del traffico privato si riduce il particolato emesso del 2,5%. E' altrettanto evidente che introducendo normative di emissioni più severe, si interviene in misura minima su quel 2,5% lasciando del tutto inalterato la fonte ben più consistente costituita dall'usura pneumatici e freni (30%). In conclusione, anche con l'uso esclusivo di auto elettriche, basteranno le sole emissioni dovute a queste ultime, all'industria, al riscaldamento domestico, ai veicoli adibiti al trasporto merci, per superare i valori limite delle polveri sottili in assenza prolungata di pioggia. Per rendersi conto di quanto possa  incidere negativamente il particolato emesso dagli impianti di riscaldamento a gasolio che peraltro, giova precisarlo per i meno informati, non godono di alcun tipo di filtro antiparticolato allo scarico  né di catalizzatore, basti considerare che una caldaia con bruciatore per un condominio medio-piccolo brucia in media nei mesi invernali  100-120 litri di gasolio al giorno (escludendo le ore notturne). Si tratta peraltro di una combustione molto “sporca” e primitiva che emette nell'aria oltre al particolato PM10  anche CO, HC, SOx, NOx in grandi quantità. In un solo mese questo condominio brucerà ben 3600 litri di gasolio. Lasciamo al lettore l'estensione del calcolo in base al numero degli edifici della propria città. Il confronto con il consumo giornaliero medio di gasolio di una vettura diesel  è assolutamente impietoso. Con una percorrenza di 30-40 km al giorno la nostra ipotetica auto avrà consumato solo 2/3 litri di gasolio i cui prodotti della combustione escono trattati dal catalizzatore e dal filtro antiparticolato, scopri come funziona, vantaggi e svantaggi.

COLPA DELLE BIOMASSE – Ma oltre agli studi del Prof. Lenz, riteniamo sia fondamentale menzionare i risultati delle indagini portate avanti dal CCR di ISPRA (Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea), oggetto di un interessante articolo di Dario Faccini sul sito Risorse Economia Ambiente (Aspo Italia). I dati ottenuti dal CCR confermano in modo inequivocabile la maggiore incidenza degli impianti di riscaldamento sulle emissioni di polveri sottili PM2,5 rispetto al trasporto su strada. Il grafico che segue mostra chiaramente una progressiva forte diminuzione di polveri sottili emesse dai veicoli ed una notevole  impennata, a partire dal 2003, di quelle emesse dagli impianti di riscaldamento residenziali. 

si può osservare che le emissioni di PM2,5 derivanti dal trasporto su strada sono calate in vent'anni di quasi il 60%. Dal 2003 mentre crollano le emissioni delle auto, aumentano  quelle prodotte dal settore residenziale (riscaldamenti).  Lo studio del CCR ha inoltre individuato il principale responsabile di questo fenomeno, indubbiamente sottovalutato, che vanifica gli ultimi 20 anni di politiche ambientali dell' UE e i grandi progressi tecnologici in materia di emissioni dai veicoli a motore. Dal 2003 il consumo di biomasse (legna e pellet) ha subito una considerevole impennata a scapito dei combustibili liquidi (gasolio, olio combustibile) ma anche del metano. Tale andamento è rappresentato dai grafici successivi. Purtroppo la combustione della biomassa emette molte più polveri sottili di quelle  emesse, a parità di energia erogata, dai combustibili liquidi e infinitamente di più rispetto al metano, che, notoriamente, ha una combustione molto pulita. Legna e pellet emettono 100 volte di più PM2,5 rispetto a Gasolio e GPL, e 2000 volte rispetto al metano. Il paradosso di tutto ciò è che le istituzioni continuano a demonizzare le auto private ed incentivano le fonti di energia alternativa rinnovabile come le biomasse per riscaldamento, ignorando totalmente che queste inquinano molto di più.


Consumo storico di pellet in Italia. Evidente la grande impennata dei consumi dal 2003

ARCIPELAGO AREA C –  In materia di qualità dell'aria delle nostre città non possiamo non citare l'interessante libro scritto recentemente dal biologo Enrico Enghelmann e dal ricercatore Andrea Trentini, intitolato appunto “Arcipelago Area C” in cui si smentiscono, con argomentazioni scientifiche, le false e allarmistiche teorie sostenute dalla pubblica amministrazione sulle cause dell'inquinamento urbano. Così spiegano gli autori:

E' un libro che abbiamo scritto per demistificare alcune convinzioni, alimentate dai media e da molti ambienti politici, in merito all'inquinamento dell'aria cittadina. Nel corso degli ultimi anni, confrontando i dati reali con quanto veniva detto sui giornali e in televisione, ci siamo resi conto che l'argomento veniva trattato con enorme superficialità. Grande spazio veniva lasciato a proclami allarmistici, tesi a far credere all'opinione pubblica che l'aria a Milano è estremamente inquinata, che lo diventa sempre di più e che a causa di ciò la salute dei milanesi è in grave pericolo. Inoltre, si è sempre implicitamente o esplicitamente affermato che il grande colpevole è l'automobile privata, e che perciò era di essenziale importanza disincentivarne, con ogni mezzo, l'utilizzo.

In realtà nulla di quanto sopra corrisponde a verità:

  • l'aria di Milano non è mai stata così poco inquinata come ai nostri giorni
  • gli effetti dell'inquinamento dell'aria sulla salute (facendo riferimento all'attuale situazione milanese) sono così ridotti da essere ai limiti delle misurabilità, in quanto difficilmente separabili dalle fluttuazioni casuali di fondo.
  • non vi è la minima evidenza sperimentale a favore del fatto che le automobili private siano la principale fonte di inquinanti a Milano (almeno di quelli – le polveri sottili – che ancora con periodicità superano – di poco – le soglie di legge)
  • tutti i dati a disposizione indicano che il grosso dell'inquinamento (quel poco che rimane, sia ben inteso) è dovuto ai riscaldamenti

E' ovvio che le conclusioni cui giungono Enghelmann e Trentini sono del tutto trasferibili a qualsiasi altra città italiana.

UN GIORNO IN AEROPORTO VALE 350 MILA AUTO – Sarà capitato a tutti di sentire, specie nelle fasi che precedono il decollo degli aerei, lo sgradevole odore di cherosene bruciato che filtra all'interno dell'aereomobile. Il cherosene (peraltro non gravato da tasse e accise) è il carburante usato per i motori a reazione ed è un derivato del petrolio simile al gasolio per autotrazione ma meno raffinato. Ebbene, stime per difetto hanno quantificato che il traffico aereo di un aeroporto come Fiumicino o Malpensa emetta giornalmente gas inquinanti (CO, HC, NOx, SOx) e particolato pari alla quantità che emetterebbero circa 350 mila auto diesel non catalizzate e prive di filtri antiparticolato! Per non parlare di aeroporti ben più trafficati come New York, Londra, Parigi. Ma le auto, ormai da  22 anni, sono tutte catalizzate per legge, mentre i motori di aereo ovviamente non possono avere alcun tipo di filtro allo scarico ed emettono nell'atmosfera in quantità industriali tutti i prodotti della combustione. L'industria automobilistica mondiale, nell'ultimo ventennio, ha dovuto investire cifre enormi per ridurre le emissioni e continua a farlo, in un processo di obblighi legislativi e normativi che appare senza fine. Viceversa, il comparto aereo avrebbe ottenuto il permesso dai vari organi internazionali, di triplicare il traffico fino al 2050, come afferma SDC (Sustainable Development Commission) nominata dal governo britannico. Negli ultimi 10-15 anni i viaggi low cost hanno incrementato a dismisura il traffico aereo e il conseguente inquinamento atmosferico e si può affermare che il trasporto su ali sia la fonte di emissioni di gas serra e di sostanze inquinanti più in crescita. Ci chiediamo come mai nessuna pubblica istituzione condanni, penalizzi e criminalizzi l'uso del mezzo di trasporto aereo.

FUORI DAL PROTOCOLLO DI KYOTO  – Ed ecco la seconda clamorosa anomalia: le emissioni del trasporto aereo sono paradossalmente rimaste fuori dal Protocollo di Kyoto (1997) sulle riduzioni obbligatorie delle emissioni. La comunità internazionale non si è accordata su dove allocare il rilascio di CO2 per i voli internazionali: Paese di partenza, Paese di arrivo o Paese che ha venduto il kerosene? Sembra quasi una tipica storia di mala-burocrazia e di scarica-barile all'italiana! In tal modo una importante fonte di emissioni nocive rimane completamente fuori controllo e non penalizzata. E in tema di emissioni ci sembra opportuno completare la nostra esposizione riportando l'autorevole parere del Prof. Antonio Zichichi in merito al presunto riscaldamento della Terra causato, secondo i “catastrofisti”,  dalle attività umane e non da fenomeni naturali di vasta portata  al di fuori del nostro controllo, come sempre avvenuto nel corso dei secoli e dei millenni. “Sfido i climatologi – sostiene Zichichi –  a dimostrarmi che tra cento anni la Terra sarà surriscaldata. La storia del climate change è un'opinione, un modello matematico che pretende di dimostrare l'indimostrabile”. Lo Scienziato siciliano, in una recente intervista a Il Mattino afferma: “Noi studiosi possiamo dire a stento che tempo farà tra quindici giorni, figuriamoci tra cento anni. In nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore climatico sono inconoscibili? Divinazioni”. Alla domanda del perché molti scienziati concordano sulle cause umane del riscaldamento globale, Zichichi risponde:  “Perché hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna. Ricorrono a troppi parametri liberi, arbitrari. Alterano i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro ragione. Ma il metodo scientifico è un'altra cosa”.”Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un'enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale”. Sarà un caso, ma da quando il Prof. Zichichi ha espresso le sue teorie, non è stato più invitato ai vari dibattiti televisivi  sul clima.

1 Commento

Andrea
19:40, 11 Gennaio 2016

Per fortuna ci siete voi che siete obiettivi con i numeri.

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