Pensando a quando smetteremo di guidare la prima cosa che viene in mente è l’età anagrafica. Ma se fosse l’età mentale a fare la differenza?
Se iniziare a guidare è socialmente definito con il conseguimento della patente a 18 anni, grande confusione regna attorno alla definizione del suo termine. Il binomio anziani e guida, infatti, è da sempre fonte di grandi dibattiti. Fino a che età è giusto mettersi al volante? Quando, invece, bisogna appendere la patente al chiodo? Pensando a quando smetteremo di guidare la prima cosa che ci viene in mente è un numero. Ma se fosse, invece, tutta questione di età mentale, di allenamento delle funzioni cognitive?
LA PATENTE E IL SUO SIGNIFICATO PSICOSOCIALE
La patente è simbolo di autonomia, autosufficienza e indipendenza. Caratteristiche fondamentali che non possono però prescindere da una guida sicura. A complicare il quadro si aggiungono le differenze individuali che influenzano la propria capacità di continuare a guidare in sicurezza e la possibilità di individuare criteri di valutazione standard. Come fare, dunque? L’aumento degli incidenti stradali ha portato diversi Paesi europei (non l’Italia) all’istituzione di strutture specializzate nelle valutazioni psicologia dell’idoneità alla guida. Fin dagli anni ’50 sono stati sviluppati e commercializzati strumenti specifici per la valutazione delle funzioni cognitive e psicomotorie rilevanti per la guida. Ad esempio reagire in condizione di stress, prove specifiche di attenzione, di percezione visiva, etc. La predizione del comportamento umano è, però, una delle principali sfide poste alla scienza psicologica. Affermare che il comportamento possa essere predetto significa, in primo luogo, ritenere che esso possa essere misurato. Ma in che modo si può misurare la sicurezza?
GUIDARE CON LA MENTE: QUANDO NON E’ SOLTANTO QUESTIONE DI TECNICA
Man mano che invecchiamo la nostra salute e la nostra forma fisica cambiano. Pur rendendocene conto, a volte, ammetterlo non è facile. Ecco che iniziano le prime discussione che ci vedono contrapposti a familiari preoccupati. Le tensioni ci portano a vivere questo momento delicato con maggiore stress, rischiando così di prendere decisioni avventate. I risultati delle valutazioni psicologiche di idoneità alla guida possono essere qui utilizzati per escludere conducenti insicuri o per identificare gruppi di conducenti che necessitano di interventi specifici. Diventa fondamentale poi individuare risorse per la compensazione: i deficit stessi, infatti, non devono essere compensati da parte di altre abilità ma da un cambiamento nelle abitudini di guida, controllate dalle restrizioni alla guida e avvalorate da una formazione periodica e continua. Anche se una buona attività fisica aiuta a migliorare la funzione esecutiva, l’attenzione e la velocità di elaborazione, non ci si può aspettare che prevalga sulle abitudini acquisite in molti decenni di esperienza.
CONSAPEVOLEZZA AL VOLANTE: COME CAPIRE QUANDO SMETTERE DI GUIDARE
Essere consapevoli dei propri limiti è, però, la base di una guida sicura (a qualunque età). Con l’avanzare dell’età è importante imparare ad accettare che la nostra capacità di guidare sta diventando sempre più limitata. Oltre ad un esercizio costante è anche importante ascoltare i consigli del medico e delle persone che ci circondano. Spesso crediamo di essere perfettamente in grado di guidare, ma se gli altri sono preoccupati è una buona idea riconsiderare la nostra sicurezza. Potrebbe essere utile rivolgersi nuovamente ad un’autoscuola così da poter rinforzare le proprie capacità e tranquillizzare chi ci vuole bene. Arriva, comunque, un momento in cui è necessario riconoscere quando è il momento di fermarsi. Se può essere difficile rinunciare alla libertà che deriva dall’avere una patente di guida, la propria sicurezza, quella dei passeggeri e degli altri utenti della strada dipendono da questo!
SMETTO DI GUIDARE E POI?
Quando per motivi di età o di difficoltà personali siamo costretti a smettere di guidare un nuovo rischio si fa strada: l’emarginazione. In contesti cittadini medio-piccoli o rurali risulta difficile trovare opzioni di trasporto alternative all’auto. Molti Paesi, infatti, hanno basato l’evoluzione urbanistica attorno all’uso dell’auto personale. Qualora si raggiunga la consapevolezza di smettere di guidare, si rischia di dover fare i conti con l’isolamento. La difficoltà di poter raggiungere beni e servizi essenziali, i prezzi non sempre accessibili del trasporto pubblico e l’elevata automazione dei sevizi (pensiamo alla sempre più ridotta possibilità di acquistare un biglietto da una persona fisica) non giovano alla sicurezza stradale. Se da un lato lasciare che un anziano rimanga in contatto con la sua comunità tramite la sua auto può facilmente ucciderlo, lo stesso vale se costretti a fare affidamento su un’infrastruttura pedonale che di solito non è progettata in base alle esigenze di chi non guida più. È arrivato il momento di invertire la Piramide delle priorità non trovate?
Contributo a cura di Marianna Martini – Psicologa del Traffico