Lesioni lievi e riscontro strumentale: per la Cassazione decide il medico legale

Lesioni lievi e riscontro strumentale: per la Cassazione decide il medico legale Prima interpretazione per la legge 27/12 sui criteri di accertamento delle lesioni lievi: più libertà al medico legale che deve usare le "leges artis?

Prima interpretazione per la legge 27/12 sui criteri di accertamento delle lesioni lievi: più libertà al medico legale che deve usare le "leges artis?

21 Ottobre 2016 - 07:10

Una pronuncia importantissima è stata depositata il 26.9.2016 dalla III sezione della Corte di Cassazione, la n. 18773: con essa viene fornita per la prima volta un'interpretazione dei famosi due commi dell'art. 32, L. 27/12, ovvero il 3ter e 3quater. Sono le norme che hanno introdotto il meccanismo del c.d. “riscontro strumentale”, ovvero hanno introdotto i requisiti di accertamento medico legale “clinico strumentale obiettivo” (3ter) e “visivo o strumentale” (3quater), quale condizione per la liquidazione del risarcimento. Mancando la punteggiatura ed essendoci due norme simili nei due commi, nessuno finora era riuscito a chiarire una volta per tutte cosa significasse questa condizione. Certo, le compagnie di assicurazione e alcuni Giudici di Pace avevano dato un'interpretazione che portava all'equazione “no lastre? No risarcimento”, che pare davvero un'esagerazione. Ora, in attesa della riformulazione delle due norme in una unica, prevista dal DDL concorrenza, la Suprema Corte interviene per dare l'unica lettura possibile alle norme della L. 27/12: tutti quei criteri, obiettivo, clinico, strumentale, visivo, lo specialista li utilizzerà come crede, secondo le “leges artis”, secondo insomma, la scienza medica. Non era difficile giungere a questa impostazione, e infatti la giurisprudenza e la dottrina più accorte vi erano già giunte da un pezzo (per una disamina della recente giurisprudenza di merito leggi questo l'articolo, leggi qui). In base a questo ragionamento, gli Ermellini cassano una sentenza del Tribunale di Napoli che aveva negato il riconoscimento di un risarcimento per i danni fisici (peraltro solo per inabilità temporanea) a una donna vittima di un incidente stradale.

FINO IN APPELLO NIENTE RISARCIMENTO, MANCA IL RISCONTRO OBIETTIVO Chi ha fatto il ricorso in Cassazione ha avuto la perseveranza di andare fino in fondo, nonostante già in appello, davanti al Tribunale di Napoli, avesse ottenuto il riconoscimento della responsabilità dell'incidente stradale e il risarcimento dei danni materiali. Mancavano però le lesioni, che la ricorrente aveva chiesto solo con riferimento ai giorni di inabilità temporanea, quindi per poche centinaia di euro. Il Tribunale Partenopeo in sede di appello era stato irremovibile, parlando di “affezioni asintomatiche di modesta intensità non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico”. Eppure c'era un certificato di Pronto Soccorso che parlava di “contusioni guaribili in sette giorni”, quindi, un qualche risarcimento per i giorni di malattia avrebbe dovuto riconoscerlo per forza. Invece, la dura legge del riscontro strumentale aveva chiuso ogni strada. Ora la Suprema Corte però la strada la riapre, per la ricorrente e per tutti gli altri.

UN CASO MARGINALE, UNA DECISIONE IMPORTANTE Non è certo la prima volta che gli Ermellini colgono l'occasione per introdurre nella giurisprudenza un principio fondamentale, pur muovendo da un caso bagatellare, come la richiesta di un risarcimento di pochi euro per l'inabilità temporanea conseguente a incidente stradale. Nel passaggio centrale della sentenza, infatti, la Suprema Corte accoglie le doglianze della ricorrente, precisando che il Tribunale ha sbagliato nel non ritenere riconosciute le lesioni lievi di carattere non permanente. Lo fa, svolgendo un ampio ragionamento sulla prova da fornire perchè siano accertate le lesioni da incidente stradale: “Il citato comma 3-quater dell'art. 32, così come il precedente comma 3-ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).” Dunque la portata dei due commi 3ter e 3quater dell'art. 32, L.27/12, viene ridimensionata al punto che il significato complessivo è che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico legale”. A ben guardare, così facendo la Corte non solo ridimensiona la portata della tanto gloriosa rivoluzione anti-colpo di frusta, ma addirittura la azzera. Da sempre infatti, il danno biologico dev'essere suscettibile di accertamento medico legale per poter essere riconosciuto. C'è da scommettere che questa sentenza verrà brandita come un'arma da tutti i danneggiati (o meglio dai loro avvocati e patrocinatori), per contrastare la cultura del riscontro strumentale, che ha condizionato pesantemente la liquidazione dei danni lievi in questi 4 anni abbondanti di vigenza della legge, facendo risparmiare miliardi al comparto assicurativo.

FURBETTI CON IL COLLARINO E FURBETTI COI COLLETTI BIANCHI Chi conosce il settore, sa bene che la Rc Auto è pervasa di due opposte visioni ideologiche: da un lato i grandi gruppi assicurativi che gridano “al ladro!”, denunciando l'inclinazione a farsi male al collo degli automobilisti italiani; dall'altro chi rappresenta i danneggiati, ovvero gli avvocati e i patrocinatori (mi si consenta, non ancora le associazioni dei consumatori che spesso giocano una partita ambigua, non si capisce da che parte stiano), che denunciano le inefficienze delle compagnie nel liquidare i danni e vigilano sull'approvazione di norme inique grazie alla pressione lobbistiche dei predetti grandi gruppi assicurativi. La battaglia tra i due schieramenti, come tutti gli scontri epici, vede sugli scudi ora uno, ora l'altro, ma ci sono a volte eccessi che dovrebbero mettere tutti gli osservatori d'accordo. Uno di questi, a parere di chi scrive, è proprio l'introduzione delle c.d. “norme anti colpo di frusta”, che hanno gettato nella disputa qualcosa di alieno e incompatibile con il nostro sistema giuridico. Quel triplice criterio inserito nell'art. 139 Cod. Ass. priv, inerenti l'accertamento “clinico- obiettivo-strumentale”, se interpretato restrittivamente nel senso di “no lastra, no risarcimento”, non poteva che condurre a soluzioni aberranti. Ad esempio, l'irrisarcibilità del trauma cervicale, magari pure grave, della donna incinta non sottoposta a lastre per preservare il feto. E ha messo in questi i anni i danneggiati nella condizione di bombardarsi di raggi pur di ottenere la prova regina del proprio danno. Oltre questo, la norma così interpretata svuotava di contenuto il ruolo del medico legale, invece cruciale nella valutazione dei danni. Non è un caso che il Sindacato Italiano Specialisti di Medicina legale e dell'Assicurazione (SISMLA), abbia accolto con grande gradimento il deposito di tale sentenza. Una volta ho letto un intervento in un dibattito online di un liquidatore che sosteneva l'ecografia essere inutile per la valutazione del danno, perchè essendo essenzialmente una trascrizione di impressioni di un medico, non è tecnicamente un “riscontro strumentale”. Follia pura. Che ci piaccia o no, le menomazioni e le lesioni debbono valutarle i medici legali, e né il legislatore, né tanto meno i liquidatori dovrebbero mettere becco in un ambito tanto delicato e complesso. Ora vedremo se l'indirizzo inaugurato dagli Ermellini conoscerà, come si spera, ulteriori conferme.

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