Sinistro con auto non identificata: per la Cassazione bisogna provarne la presenza Come funziona e quando si applica il risarcimento con procedura ordinaria di un sinistro stradale? Scopriamolo indicando tutti i casi previsti

Sinistro con auto non identificata: per la Cassazione bisogna provarne la presenza

Nell'ipotesi di sinistro con auto non identificata, per la Cassazione bisogna provare la presenza di tale vettura. Altrimenti niente risarcimento dal Fondo vittime della strada

7 Agosto 2020 - 02:08

Nel caso di sinistro con un’auto non identificata o non assicurata, il Fondo di garanzia per le vittime della strada risarcisce il danneggiato se sussistono tutti i requisiti richiesti (ad esempio se il sinistro è causato da una vettura sconosciuta, i danni alle cose sono risarciti solo se ci sono anche danni fisici gravi). Tuttavia, per ottenere l’indennizzo, il danneggiato in un sinistro causato da una vettura non identificata deve provare che l’incidente si sia effettivamente verificato per colpa del conducente dell’altro veicolo. Insomma deve provarne l’esistenza pur non potendolo identificare. Così ha deliberato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16030 del 28 luglio 2020.

SINISTRO CON AUTO NON IDENTIFICATA E MANCATO RISARCIMENTO: IL CASO IN QUESTIONE

Il conducente danneggiato si è rivolto alla Suprema Corte dopo aver inutilmente provato a far valere le proprie ragioni nei primi due gradi di giudizio (successivamente al rifiuto del Fondo di garanzia di risarcirlo), lamentando in entrambe le occasioni di aver subito un incidente mentre viaggiava sul ciclomotore, finendo contro un muro, per colpa della manovra pericolosa di un’auto non identificata. La sua richiesta di indennizzo era stata respinta perché, sulla scorta delle prove disponibili, non erano emersi elementi tali da accertare l’effettiva responsabilità del conducente di questa fantomatica auto pirata.

Giudicata inattendibile pure la testimonianza di una persona presente sul luogo del sinistro, era invece risultato molto più attendibile il certificato medico rilasciato dall’ospedale, qualificato come un atto pubblico facente piena prova fino a querela di falso, secondo cui la vittima, nell’immediatezza del ricovero, non aveva mai menzionato la presenza di un altro veicolo, riferendo anzi di essere sbandato in curva mentre guidava il ciclomotore (in seguito il presunto danneggiato ha smentito tali dichiarazioni, raccontando di essere giunto in ospedale privo di sensi).

IL VALORE PROBATORIO DELLA DOCUMENTAZIONE OSPEDALIERA

La Corte di Cassazione ha naturalmente respinto il ricorso, soffermandosi principalmente su due aspetti. Innanzitutto l’importanza del valore probatorio della documentazione rilasciata dall’ospedale, contenente le dichiarazioni originarie rese dall’infortunato ai medici nelle quali non aveva fatto alcun cenno alla presenza di un’altra vettura (oltre a raccontare di essere sbandato da solo). A questa documentazione dev’essere infatti riconosciuta “la natura di atto pubblico fidefacente, sulla base del rilievo che esso sia destinato sin dall’initio alla prova, cioè sia precostituito a garanzia della pubblica fede e redatto da un pubblico ufficiale autorizzato, nell’esercizio di una speciale funzione certificatrice”. Contro un atto avente un simile valore probatorio, lo strumento previsto dalla legge è solo la querela di falso (che il ricorrente non ha però presentato, nonostante avesse cambiato versione dei fatti).

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IL DANNEGGIATO DEVE PROVARE LA PRESENZA DELL’AUTO NON IDENTIFICATA

Il secondo aspetto preso in esame dalla Cassazione riguarda l’onere probatorio che grava sul danneggiato circa la presenza del presunto veicolo responsabile. Gli Ermellini ammettono che l’obbligo risarcitorio del Fondo di garanzia sorge non soltanto nei casi in cui il responsabile si sia dato alla fuga nella immediatezza del fatto, ma anche quando la sua identificazione sia risultata impossibile per circostanze obiettive, da valutare caso per caso, e non imputabili a negligenza della vittima. Può infatti essere ammissibile che la vittima si sia trovata nell’impossibilità di identificarlo. Ma in tal caso deve comunque dar conto dei motivi per cui non ha potuto farlo!

Anche le vittime di un sinistro (parliamo ovviamente di feriti coscienti), infatti, devono sempre comportarsi con la necessaria diligenza: nessuno chiede alla vittima, anche in ragione dello stato psicofisico probabilmente alterato, una diligenza superiore al normale. Ma non si può neanche ammettere una ‘inversione a U’ nel resoconto dei fatti, dichiarando prima di essere usciti di strada da soli, e solo dopo menzionando il coinvolgimento di una presunta auto non identificata.

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