Costruttori che investono nel car sharing: è il futuro dell'auto digitale?
Le Case costruttrici cambieranno volto e anima, da produttori a fornitori di mobilità e servizi a valore aggiunto. L'auto di proprietà sara un ricordo
Il futuro mercato della mobilità ha un valore stimato di 4,5 trilioni di dollari l'anno e le Case costruttrici dovranno evolversi e adattarsi, come in una vera e propria mutazione genetica, per potersi aggiudicare una fetta di questa torta ipercalorica. La mutazione in questione vedrà cambiare i produttori in fornitori di mobilità.
ADDIO PROFITTI DALLE VENDITE L'avvento di forme alternative di mobilità, le quali esulano dalla proprietà di una vettura, ha innescato un profondo cambiamento nel mercato globale dell'automobile. Le Case costruttrici sembrano non aver preso sottogamba il fenomeno e compreso invece alla perfezione le implicazioni del ride-sharing e del car-sharing e di come questi si evolveranno nell'immediato futuro (Leggi come i servizi di mobilità cancelleranno l'auto di proprietà). Secondo Morgan Stanley i profitti dei produttori non arriveranno più dalla produzione, dalla vendita o dai servizi di finanziamento all'acquisto; i nuovi core business saranno i software e i contenuti a valore aggiunto da fruire durante gli spostamenti. Gli analisti della celebre banca d'affari hanno sintetizzato il grande potenziale del nuovo modo di concepire l'auto: “Toyota con il suo 13% del mercato globale ha generaro un fatturato di 230 miliardi di dollari con 10 milioni di vetture vendute lo scorso anno; una società di car sharing, facendo pagare 1.5 dollari per miglio potrebbe avere entrate analoghe a quelle del costruttore con appena l'1.5% di quota dei 10 miliardi di miglia percorse ogni anno”.
CHI HA SCOMMESSO PER PRIMO I lungimiranti colossi Toyota e Volkswagen hanno giocato d'anticipo, il primo sottoscrivendo un accordo con Uber, il secondo investendo 300 milioni di dollari in Gett, altro primario attore dei nuovi servizi di mobilità (Leggi le mosse strategiche di Toyota e VW). Per il CEO del Gruppo Volkswagen, Matthias Muller, divenire un fornitore di mobilità sarà la chiave per fare superare al marchio gli effetti nefasti del Dieselgate. General Motors ha messo sul piatto 500 milioni di dollari in una collaborazione con Lyft, primo antagonista di Uber, per lo sviluppo del ride-sharing senza conducente, approdo definitivo alle nuove forme di mobilità e che permetterà alle società costi di gestione ancor più bassi, potendo fare a meno dei driver umani. Il resto dell'industria automobilistica comunque non rimarrà di certo inerme spettatore nella transizione verso la nuova era delle quattro ruote.
CONSAPEVOLEZZA GENERALE Interessante e concreto è il parallelismo tracciato da Barb Samardzich, responsabile delle operazioni Ford in Europa, la quale, commentando il fenomeno del ride-sharing, ha dichiarato: “Kodak e Polaroid non hanno creduto nel futuro delle fotocamere digitali, non vogliamo rimanere arretrati e tagliati fuori come loro”. E' del manager dell'Ovale Blu la stima che il mercato dei vari servizi di ride-sharing, car-sharing, rail-sharing e auto a noleggio, ammonti a 4.500 miliardi di dollari. Non cela le ambizioni BMW, in occasione delle celebrazioni del centenario e della conferenza stampa annuale, il CEO Harald Krueger ha dichiarato che la casa bavarese, da leader del segmento premium punta a divenire il principale fornitore di mobilità e servizi premium. La Casa dell'Elica ha già attivato a Monaco un servizio di Car Sharing “di lusso”, con il quale offre ai propri associati tutti i propri modelli, dalle Mini alle sportive. Per concludere la lucida analisi di Paul Willcox, Presidente di Nissan Europa: “Stiamo assistendo a una rivoluzione nel comportamento dei clienti e nelle aspettative; le nuove forme di mobilità avranno un forte impatto sul modo di produrre prodotti e servizi e sulle persone che assumeremo”.