Il Tutor di Autostrade copiato: il brevetto vale 7,5 miliardi di euro

Il Tutor di Autostrade copiato: il brevetto vale 7,5 miliardi di euro La battaglia legale sulla paternità del Tutor si complica per ASPI

La battaglia legale sulla paternità del Tutor si complica per ASPI, accusata di aver rubato l'idea all'azienda italiana Craft

di 
6 Novembre 2015 - 02:11

Chiamatela come volete, di fatto è una vicenda “all'italiana”, raccapricciante certo, in cui il più forte e il più grande (pur non avendone bisogno), cerca di “fregare” il più piccolo e il più indifeso, nonostante questo sia andato a cercare il più grande e…a questo punto il più furbo, per fare affari. Vi raccontiamo quanto sta accadendo tra Autostrade per l'Italia e una piccola azienda hi-tech fiorentina: chi avrà inventato per primo il Tutor? Ecco la vicenda e i probabili provvedimenti.

LA STORIA NARRA CHE… – Tutto ebbe inizio alla fine degli anni 90, quando un'azienda con sede in terra toscana, precisamente a Greve, nel Chianti, e di nome Craft, si recava rappresentata dal suo patron, Romolo Donnini, da Autostrade per l'Italia con uno scopo ben preciso. Voleva mostrare al colosso italiano un'idea sulla quale lavorava da tempo e che aveva deciso di chiamare Sicve: si trattava di un marchingegno che figurava in tutto e per tutto il Tutor odierno. L'incontro non andò bene, Autostrade per l'Italia non sembrò assolutamente interessata a quella genialata, così il Donnini se ne rientrò nel Chianti; poi il tempo passò e si accorse che “nel 2004 racconta (Autostrade per l'Italia) di aver brevettato (il Tutor). In realtà l'invenzione è nostra. Noi l'avevamo chiamato Sicve, ma era il Tutor di oggi”, anche se inizialmente Autostrade per l'Italia adottava sensori diversi da quelli presentati dall'azienda toscana, poi però fece dietro front e iniziò a usare la tecnologia Craft (qui invece il sistema Vergilius di Anas).

DAVIDE CONTRO GOLIA – A questo punto scoppio la guerra di Davide contro Golia; ciò che era accaduto era molto di più di una scintilla che aveva appiccato un fuoco. La vicenda viene portata in tribunale dalla Craft e si è prolungata negli anni addietro, fino a quando la Cassazione  non si è pronunciata, annunciando la decisione della Suprema Corte, che ha dato ragione alla piccola realtà fiorentina. Il professor Vincenzo Vigoriti, docente universitario di Diritto che con l'avvocato Donato Nitti ha tutelato gli interessi di “Davide”, si è così espresso: “finalmente dopo dodici anni di contezioso e ben tre processi la Cassazione ha posto la parola fine alla controversia sulla validità del brevetto. E dunque l'invenzione è di Craft e non di Autostrade. Ora si passa al problema della contraffazione che la sentenza della Cassazione non esclude”. A quanto pare la storia sembra non essere finita e se tutto andrà come sperano a Greve, allora potrebbero aprirsi scenari futuri interessanti, ecco il perché.

COSA ACCADRA'? – Dunque, la Craft ha il vento a favore e lo spiraglio aperto dalla tematica “contraffazione” dà vita a scenari a dir poco “cinematografici”. Ovvero, se la Corte d'Appello riconoscerà la “copia” fatta da Autostrade per l'Italia, la costringerà a risarcire i danni a Romolo Donnini, che, a sua volta, ha già provveduto a far quantificare economicamente. Ecco il nodo della questione: si parla di 7,5 miliardi di euro! Pensate cosa può fare il Donnini con una cifra tale…di certo non farsi più mettere sotto da Golia. Ad ogni modo bisogna guardare in faccia la realtà, perché se è vero che il Tribunale di Roma ha riconosciuto la validità del brevetto toscano, perché “presenta anzitempo caratteristiche distintive di innovazione rispetto alla tecnica nota”, non riconosce, almeno per ora, la contraffazione, perché inizialmente Autostrade per l'Italia ha usato sensori diversi da quelli del dispositivo presentato in origine dalla Craft. Intanto nulla è stato ufficializzato, per cui la Craft nel frattempo si gode i favori del pronostico, mentre Autostrade per l'Italia ha semplicemente rilasciato poche righe di replica, che fedelmente, di seguito, vi riportiamo: “l'eventuale richiesta di risarcimento di 7,5 miliardi può essere considerata solo una boutade e non avrebbe nulla a che fare con la sentenza in questione. Il giudizio di merito in Corte d'Appello si baserà peraltro su una perizia tecnica che riconosce la fondatezza delle nostre ragioni”. Staremo a vedere chi capitolerà stavolta, se Davide o Golia.

X