Importante sentenza della Cassazione su un caso di omicidio colposo, che oggi sarebbe omicidio stradale: non può esserci condanna senza effettivo accertamento della velocità
Nel 2010 un uomo investe una donna con la sua vettura provocandone il decesso e viene condannato per omicidio colposo (e non per omicidio stradale che è stato introdotto nel 2016 e non è retroattivo, ma il precedente può tornare comunque utile) per aver tenuto, pur entro i limiti consentiti, una velocità non consona. Tuttavia la Cassazione annulla la sentenza perché il mancato accertamento dell’effettiva velocità del veicolo non consente di provare la violazione delle normali regole di cautela.
AUTO INVESTE PEDONE: LA VICENDA IN GIUDICATO
Il fatto in questione, che ha portato alla condanna sia in primo che in secondo grado del conducente, lo ha ricostruito il portale giuridico Altalex. Il soggetto stava percorrendo un rettilineo in forte discesa di un centro abitato, durante un temporale e a una velocità verosimilmente inferiore al limite di 50 km/h, quando improvvisamente una donna sbucava dalla parte posteriore di una vettura parcheggiata e attraversava velocemente la carreggiata, lontano dalle strisce pedonali. Il conducente, pur accortosi della donna, cercava di sterzare per evitarla, senza però riuscirvi. L’impatto procurava purtroppo la morte della donna. Il Tribunale rilevava una condotta colposa del conducente (art. 589 c.p.), avendo egli tenuto una velocità non consona, pur nei limiti consentiti. Ossia eccessiva in rapporto allo stato dei luoghi e alle cattive condizioni del sistema frenante del suo veicolo (come da successivo controllo). Sentenza confermata anche in appello.
CONDANNA PER OMICIDIO COLPOSO. IL DUBBIO DELLA VELOCITÀ
In seguito l’uomo ricorreva in Cassazione denunciando il vizio di motivazione e il travisamento delle prove. Negando per esempio che al momento della collisione stesse viaggiando poco sotto il limite dei 50 km/h, quando la velocità era secondo lui appena superiore ai 20 km/h. Circostanza poi confermata dalla testimonianza di un altro automobilista e che di fatto confutava l’arbitraria determinazione della velocità dell’autovettura. Senza contare che i giudici di merito, nel ritenere eccessiva la velocità, non avevano però indicato quale sarebbe stata quella adeguata, mancando così di confrontarsi con l’accertamento della causalità della colpa. Nonché di ricostruire il comportamento alternativo diligente nel rispetto della regola cautelare. Quanto alla compromissione del sistema frenante, un mese prima del sinistro l’autovettura era stata sottoposta a revisione totale con esito positivo.
OMICIDIO COLPOSO (OGGI STRADALE): SENZA ACCERTAMENTO DELLA VELOCITÀ NON PUÒ ESSERCI CONDANNA
Di fronte a queste e ad altre obiezioni, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10152/2020 ha ritenuto di annullare la condanna per omicidio colposo (oggi sarebbe omicidio stradale) disponendo il rinvio per un nuovo giudizio. La Suprema Corte ha rilevato che con la sua condotta il conducente non ha violato né l’art. 141 del Codice della Strada, che obbliga a regolare la velocità del veicolo in base alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico, in particolar modo nei tratti di strada a visibilità limitata, nelle forti discese e nei casi di insufficiente visibilità per condizioni atmosferiche o per altre cause, nell’attraversamento degli abitati. E neppure l’art. 142 CdS sui limiti di velocità. Non essendo infatti riusciti a fornire una indicazione chiara e univoca della velocità di marcia dell’auto del conducente, si esclude la certezza che stesse procedendo a una velocità eccessiva in rapporto alla peculiarità della strada e alle condizioni meteorologiche. E non è nemmeno sufficiente l’affermazione secondo cui avrebbe dovuto tenere una condotta di guida diversa, diligente e prudente, dato che non si è definito il comportamento lecito alternativo.