
La Cassazione: il parcheggio volontariamente occlusivo della via di accesso all'abitazione può integrare il reato di sequestro di persona
A ridosso della pausa natalizia arriva dal Palazzaccio una sentenza curiosa, che riguarda un caso singolare di “parcheggio selvaggio”: con la sentenza n. 50133 del 21 dicembre 2015 gli Ermellini chiariscono i contorni del caso in cui qualcuno “chiuda” con dei veicoli l'accesso ad un'abitazione, per protesta contro un torto subito. Ebbene: può integrare persino il sequestro di persona, e non basta ad evitare la condanna il fatto che esista una via alternativa per uscire dalla propria abitazione, se la praticabilità di tale via è inficiata dal timore di ripercussioni sulla propria persona. Da un caso (purtroppo frequente) di “prepotenza del padrone di casa”, indicazioni interessanti per capire fino a dove può spingersi la punizione di chi parcheggia il proprio veicolo in danno di altri automobilisti.
IL RECUPERO CREDITI MEDIANTE PARCHEGGIO – La vicenda che ha dato origine a questo caso giudiziario è piuttosto comune: il padrone di casa non viene saldato per spese inerenti la locazione, si arrabbia e cerca di farsi giustizia da sé. Questa volta però, il sistema adottato dal proprietario ha a che fare con la circolazione stradale. Infatti, siccome l'inquilino non voleva pagare l'energia elettrica supplementare utilizzata come conduttore dell'immobile, era nata una lite con il padrone di casa, che per costringere il debitore a pagarlo, non aveva esitato a parcheggiare un muletto e due macchine aratrici davanti l'ingresso del vialetto di casa, chiudendolo. Insomma una sorta di “sollecito di pagamento” sui generis, un “recupero crediti mediante parcheggio”, che però ora rischia di costare al padrone di casa una condanna penale. Infatti, se pure in primo grado il Tribunale di Rimini aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti del collerico padrone di casa, per insussistenza del fatto, sulla scorta dell'effettiva possibilità di utilizzare altro ingresso per accedere ed uscire, tuttavia ora la Suprema Corte, su ricorso del Procuratore della Repubblica, rimette in gioco tutto, rinviando al Tribunale di Rimini per una nuova valutazione.
CONFUSIONE SULLE PERSONE OFFESE E SULL'ESISTENZA DELL'ACCESSO SECONDARIO – Gli Ermellini, nella breve disamina del caso, rilevano che in primo grado il Tribunale non si era avveduto di alcuni aspetti determinanti. Innanzitutto, era stata posta l'attenzione sull'inquilino presunto moroso, che al momento dell' “atto intimidatorio” del padrone di casa si trovava all'esterno dell'abitazione e quindi non chiuso dentro, in ogni caso. Mentre chi veniva realmente offeso dal parcheggio dei mezzi da lavoro erano i minori all'interno dell'abitazione. Proprio il fatto che questi fossero minori, crea i presupposti per un riesame di un secondo aspetto determinante: perchè si configuri il reato di sequestro di persona ex art. 605 c.p., non è necessario che ogni via di fuga sia preclusa, bastando che l'eventuale via di fuga sia “percorribile solo in modi che possano essere scoraggiati dal timore di danni o pericoli per la persona”. E visto che nella decisione di primo grado non veniva proprio esaminata la possibilità dei minori di uscire dall'abitazione, nel nuovo giudizio di merito dovrà essere condotto un giudizio sulla base del criterio sopra enunciato, ovvero dovrà essere verificata la sussistenza di una via di fuga che permettesse ai minori di esercitare validamente la propria libertà personale, anche alla luce di presumibili timori. La Corte quindi annulla la sentenza impugnata e rinvia nuovamente al Tribunale di Rimini, che dovrà effettuare un nuovo esame sulle predette carenze motivazionali.
IL PARCHEGGIO SELVAGGIO E' REATO? – Questo caso è piuttosto singolare, ma il parcheggio selvaggio è già stato oggetto di sentenze di condanna penale in precedenza, nonchè di iniziative dei cittadini ad alto rischio sebbene innocue, leggi qui. Si è parlato in diversi casi di reato di violenza privata (art. 610 c.p.), che ha in comune con il sequestro di persona l'elemento della costrizione, ma non incide sulla libertà di movimento, bensì solo sulla capacità di autodeterminazione. La chiusura di cancelli o garage tramite il parcheggio del proprio veicolo è stata valutata sufficiente a integrare il reato di violenza privata in diverse pronunce anche autorevoli (Cass. 21779/06, 7592/11, 28487/13). Insomma, forse è difficile costringere qualcuno in casa parcheggiando davanti l'entrata, ma per chi volesse vendicarsi di qualche torto “dimenticando” l'auto davanti a un passo carrabile, la condanna penale è tutt'altro che difficile da prendere.