Il Ponte Morandi era "a rischio crollo dal 2010": l’ammissione dell'ex AD della holding dei Benetton al processo che si sta tenendo a Genova
La tragedia del Ponte Morandi di Genova si poteva evitare? Decisamente sì, e a maggior ragione dopo aver ascoltato le clamorose quanto sconcertanti dichiarazioni di Gianni Mion, l’ex AD di Edizione, la holding della famiglia Benetton che controllava all’epoca Autostrade per l’Italia. Ascoltato come testimone al processo per il crollo del ponte, in cui sono coinvolti 59 imputati, il manager ha dichiarato infatti che era a conoscenza fin dal 2010 del rischio crollo, ma di non aver detto nulla probabilmente perché temeva di perdere il lavoro.
PONTE MORANDI: “IL RISCHIO DI CROLLO ERA GIÀ EMERSO NEL 2010”
La testimonianza di Mion si riferisce a una riunione tenutasi, appunto, nel 2010, a cui avevano partecipato l’AD di Aspi Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, anche tecnici e dirigenti di Spea Engineering, la società di proprietà degli stessi Benetton cui spettava il compito di ispezionare le infrastrutture di Autostrade.
“Emerse che il ponte Morandi aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo”, ha detto Mion davanti ai giudici, “Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose ‘ce la autocertifichiamo’. Io purtroppo non replicai, ma ero preoccupato. Cosa vuol dire autocertificarsi? È una contraddizione in termini. Non condividevo ma non dissi niente, è il mio rammarico”. Mion ha poi aggiunto che in quella riunione erano tutti d’accordo sull’autocertificazione: “Visto il tipo di opera, o la verificava un terzo o chiudevi il ponte. Ma l’autocertificazione sembrava assurda soltanto a me, nessun altro aveva dubbi di nessun genere, erano tutti d’accordo”.
PONTE MORANDI: L’ASSURDITÀ DEL CONTROLLORE DI PROPRIETÀ DEL CONTROLLATO
Per il manager era paradossale che spettasse proprio a Spea la verifica delle infrastrutture di Aspi, scelta alquanto discutibile considerando che entrambe facevano capo alla stessa proprietà: “Fu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea, il controllore non poteva essere del controllato. Ma in realtà avevo la sensazione che nessuno controllasse nulla. La mia idea è che c’era un collasso del sistema di controllo interno e esterno, non c’era traccia neppure del ministero”.
Questo lassismo nei controlli è stato in una certa maniera confermato dall’attuale AD di Aspi, Roberto Tomasi, sentito anche lui come teste, che ha raccontato come dal 2020 si sia visto un incremento dei coefficienti di rischio anche di oltre il 200% rispetto a quelli rilevati da Spea, mentre nel 2019 era solo del 50%. Insomma, da quando le verifiche vengono svolte con serietà, le irregolarità che riguardano ponti, viadotti e gallerie sono ‘casualmente’ deflagrate.
Dopo la deposizione di Mion al processo, l’avvocato difensore di uno dei dirigenti di Autostrade per l’Italia imputati, ha chiesto di indagare anche il manager. I giudici hanno risposto che si riserveranno di valutare la richiesta.
All’uscita dal tribunale, circondato dai giornalisti, Gianni Mion ha ribadito le dichiarazioni rilasciate in aula, aggiungendo di non aver parlato all’epoca dei fatti forse perché temeva di perdere il posto di AD della holding.
I FAMILIARI DELLE VITTIME: “PAROLE DI MION TARDIVE, SAPEVA E NON HA FATTO NULLA”
Chiamata a commentare le dichiarazioni di Mion sul crollo del Ponte Morandi, la presidentessa dell’associazione dei familiari delle vittime, Egle Possetti, ha ricordato che la situazione del ponte era perfettamente a conoscenza dei vertici della società e dei suoi manager che però non hanno fatto nulla per evitare il disastro. E anche le ammissioni di Mion sono tardive: “Mi chiedo come si possa stare zitti quando si hanno tra le mani informazioni di gravità come questa e come certe persone possano dormire sonni tranquilli. Se era a conoscenza della situazione doveva fare un gesto civile, denunciare, io al suo posto l’avrei fatto. Andarsene dopo non basta, doveva dimettersi subito. Anche lo Stato tuttavia ha mancato gravemente in termini di controlli, qui sono tutti responsabili”.