
Piazzarsi su uno stallo di sosta in attesa che arrivi l'auto dell'amico è una pratica legittima. Condannato il conducente che ha investito il pedone
Il succo della sentenza della Cassazione numero 19075/2015 (sezione quinta penale, del 27 marzo ma pubblicata il 7 maggio) è che piazzarsi su uno stallo di sosta in attesa che arrivi l'auto dell'amico è una pratica legittima. Ma vediamo in dettaglio che cosa è successo. Ci riferiamo al guidatore dell'auto che chiede al passeggero di scendere per prenotare un posto auto, piazzandosi al centro dello stesso. In attesa che il conducente, intrappolato nella giungla urbana delle nostre metropoli intasate, si divincoli e possa parcheggiare lì dove il passeggero “fa la guardia” (di qui anche la diffusione della sosta selvaggia e dei parcheggiatori abusivi). Gli ermellini si sono dovuti occupare della faccenda perché, nell'intento di strappare con la forza il parcheggio già prenotato, un secondo guidatore al volante di un'altra auto ha involontariamente investito il passeggero (una donna) della prima auto, causandogli lesioni fisiche. Stando a un'interpretazione del Sole 24 Ore, chi incarica altri di “tenere il posto” effettua una delega, che non deve essere necessariamente scritta: basta dare l'ok verbale al passeggero e si è in regola.
LE PRIME DUE SENTENZE – Con sentenza dei 17 ottobre 2013, il Tribunale di Prato ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni S.B. (il secondo guidatore che ha investito il passeggero), avendolo ritenuto responsabile penalmente per avere offeso l'onore della passeggera della prima auto e averle procurato lesioni, andandola ad urtare con la propria vettura e facendola cadere in terra, mentre la donna si trovava in piedi in mezzo ad un posto libero, che stava occupando in favore della sua amica, la quale stava sopraggiungendo.
RICORSO PER CASSAZIONE – L'investitore ha personalmente proposto ricorso per cassazione. Sottolinea che l'urto della vettura con la persona offesa era stato del tutto accidentale e non voluto dall'imputato, il quale era convinto, nell'avanzare verso il posto nel quale intendeva parcheggiare, che la donna si sarebbe spostata: del resto, appena le mani della T. avevano toccato il cofano, il guidatore aveva arrestato il veicolo. L'investitore lamenta vizi motivazionali: non è attendibile il testimone, il primo guidatore, legato da rapporto di amicizia con la persona investita, e sulle cui sole dichiarazioni il giudice aveva fondato le proprie conclusioni. Aggiunge il ricorrente che quanto riferito dalla prima guidatrice era altresì poco credibile, tenuto conto del fatto che si trovava lontana, almeno a distanza di un'auto, in un punto in cui difficilmente avrebbe potuto vedere la scena, forse anche perché coperta da altro veicolo parcheggiato e comunque con due bambini piccoli che, presumibilmente, giocavano e parlavano all'interno della sua macchina.
IL NO DEGLI ERMELLINI – La Cassazione rigetta il ricorso. Il giudice di merito ha accertato la realtà dell'urto, peraltro riconosciuta dallo stesso ricorrente, che si limita a sostenerne il carattere accidentale, provocato dall'avanzamento dell'auto condotta dall'imputato. La persona investita si sarebbe spostata? Questo è del tutto irrilevante rispetto all'azione posta in essere, che rivela, secondo il puntuale apprezzamento del Tribunale, la volontà dell'investitore di procedere nonostante la presenza della donna e anche a costo di provocare l'evento verificatosi. Inoltre, le generiche critiche rivolte all'attendibilità della persona offesa e della testimone ascoltata, si fondano, a parte il legame di amicizia tra le due donne, in sé privo di rilevanza, su ipotesi. Che valgono zero. Così, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di 1.000 euro.