
Si è svolto a Roma un seminario promosso dall'ACI, in collaborazione con ETSC (European Transport Safety Council), sulla sicurezza stradale
In Italia circolano 38,5 milioni di auto. Per ogni mille abitanti troviamo 637 automobili. A queste dobbiamo aggiungere 5 milioni di veicoli-merci. L'età media delle vetture circolanti è pari a 11 anni. Possiamo quindi affermare che abbiamo un parco auto vecchio, più vecchio della media dei 28 Paesi membri dell'Unione Europea. Nei 175mila incidenti denunciati nell'anno 2017 abbiamo avuto oltre 3mila morti e 17mila feriti di una certa gravità. Su questi dati e sulle possibili soluzioni a questo problema si sono espressi diversi esperti nel corso di un seminario indetto dall'ACI in collaborazione con l'ETSC (European Transport Safety Council) al quale abbiamo partecipato.
PERCHÈ AVVENGONO GLI INCIDENTI STRADALI? Al primo posto troviamo la distrazione, poi la mancata precedenza e, al terzo posto, l'elevata velocità. Le auto, però, oggi sono molto più sicure. Lo dicono i dati ed è stato fatto anche un crash test tra un'utilitaria del 1997 (Rover 114) e una del 2017 (Toyota Yaris) con risultati ben visibili e netti. Guardiamo i dati nazionali riguardo la differenza di numero di vittime della strada tra il 2001 e il 2017, per capire come sono cambiati i tempi. Con le auto il numero di morti del 2017 si è abbassato del 61,5% rispetto al 2001, per i veicoli da trasporto merci l'abbassamento è del 49,2%, per i pedoni è del 42%, del 30% per i ciclisti, mentre s'è ridotta molto poco la percentuale di morti sui motociclisti, ferma al 13,3%. Queste cifre che cosa significano? Prendiamo il caso degli automobilisti, dove si è registrato un miglioramento del 61,5%. Significa che a fronte di 1000 vittime del 2001 (è un esempio fatto con un numero casuale), nel 2017 ne abbiamo 385. Ma noi, oggi, dobbiamo abituarci a pensare che il nostro paese è l'Europa e raffrontarci con gli altri 27 stati. Anche perché le politiche sulla sicurezza nelle strade nascono da lì, essendo lo standard di sicurezza dei veicoli di competenza esclusiva dell'UE. E l'Europa sta lavorando. Lo scorso 17 maggio è stato approvato un pacchetto sulla mobilità che propone un piano strategico per il prossimo decennio che verte sulla sicurezza dei veicoli, sicurezza delle strade e protezione dei pedoni. Un altro piano, ancora molto sperimentale, prevede invece l'avvicinamento alla guida autonoma o, almeno, assistita. Per guida autonoma, s'intende che non è più l'uomo che guida la vettura, con gli Adas che ci vengono in aiuto, ma è la vettura che compie la maggior parte delle operazioni e dialoga con le infrastrutture connesse, con l'uomo che dà le direttive al comando. È una chiave di lettura molto futurista, ma Baldwin, portavoce della Commissione Europea, ha detto che noi dobbiamo accogliere il futuro e andargli incontro. Con questa approvazione il fronte tecnico della Commissione Europea ha compiuto il primo passo, ora la parola passerà alla ratifica del Consiglio ed al Parlamento europeo per la valutazione politica finale.
IL CONFRONTO CON L'EUROPA Il network ETSC è un'associazione che esegue monitoraggi sulle politiche di sicurezza sul trasporto europeo e crea degli indici di performance. Grazie a loro abbiamo potuto scoprire che non è vero che “tutto il mondo è paese”, come dice un vecchio luogo comune. Altrimenti non si spiegherebbe come mai Norvegia, Svezia, Gran Bretagna e Svizzera possano avere poco più di 20 morti sulle strade ogni milione di abitanti, mentre Romania e Bulgaria ne hanno quasi 100. L'Italia si colloca appena sotto la media (pari a 50), con circa 52 morti ogni milione di abitanti. Perché queste differenze? Sicuramente nei Paesi scandinavi utilizzano vetture più nuove e più dotate di accessori “intelligenti”, rispetto ai Paesi balcanici. Che le nuove tecnologie aiutino lo dicono i numeri. Dal 2001 al 2017 gli incidenti mortali sono diminuiti in media del 54%, anche se con un trend non molto costante. Infatti negli ultimi 7 anni le morti sono diminuite mediamente del 20%, con una tendenza ad appiattirsi negli ultimissimi anni. Abbiamo raggiunto la perfezione o un punto di impossibilità di miglioramento? Le 27.250 vittime del 2017 in tutta l'UE dicono che non è così. Ancora c'è tanto lavoro da fare e le aree d'intervento sono sull'uomo, sul veicolo e sulle strade che devono essere migliorate.
GLI ADAS PER LA SICUREZZA STRADALE Gli Adas sono tutti quei sistemi di assistenza alla guida, già presenti su molte auto, attualmente divisi su più livelli. In futuro saranno sempre più utilizzabili. Non tutti servono a dare maggiore sicurezza, vedi, ad esempio, il “park assist”. Altri, invece, sono strumenti sui quali la Commissione Europea e alcune case automobilistiche sembrano puntare molto. Sono tre, principalmente, quelli legati alla sicurezza che l'UE propone. Il più utilizzato attualmente è il Lane Departure Warning LDW, un sistema che riconosce le linee della carreggiata avvisando il conducente che le supera accidentalmente. È il più utilizzato, ma anche il più disattivato (dai primi riscontri fino al 90% dei casi) perché, soprattutto se si percorre una strada di montagna, comporta un allarme continuo che forse darà più sicurezza ma toglie ogni piacere alla guida e nel contempo reca una nevrosi non indifferente. Poi c'è il sistema AEB, acronimo inglese di Frenata Automatica d'Emergenza. Sicuramente è un vantaggio, il dubbio sta nella sua reale efficacia, come ha citato il prof. Mauro del Politecnico di Torino, soprattutto su alcuni fondi, magari scivolosi, e nella possibilità che il guidatore sia maggiormente distratto perché si sente tutelato dal sistema. Altro dubbio riguarda la necessità di chiarire le responsabilità in caso d'impatto. Colpa del sistema, quindi della casa automobilistica, o del guidatore? Come è stato detto al seminario, andrebbero chiarite anche a livello legislativo queste problematiche per evitare in seguito annose discussioni. Il terzo ed ultimo Adas è alquanto discusso. Viene chiamato ISA ed è l'Assistente al rispetto dei limiti di velocità. La telecamera dell'auto (oppure il GPS) vede il limite di velocità ed automaticamente rallenta l'andatura della vettura fino a non superare quel limite. Con la segnaletica alquanto inesatta presente sulle nostre strade, questo ausilio sarebbe piuttosto penalizzante. La Ford è già pronta a lanciarlo sulla nuova Focus, ma anche qui il sistema è disattivabile e non sappiamo quanti saranno ad utilizzarlo realmente. Il dibattito attualmente vede posizioni piuttosto contrapposte. Da una parte la Commissione Europea vorrebbe rendere tutti i 3 Adas obbligatori sulle vetture e disattivabili solamente con un'impegnativa operazione, le Case automobilistiche sarebbero favorevoli a lasciare libera la concorrenza di mettere o meno questi accessori, comunque disattivabili con un pulsante, la FIA ed anche l'ACI ritengono che sia importante poterli disattivare, soprattutto per dare spazio a quelle nazioni, Italia compresa, che hanno infrastrutture stradali decisamente inadeguate.
LE NOSTRE DOMANDE Dal momento che conosciamo le cause di tanti incidenti che capitano in Italia, abbiamo ritenuto opportuno fare un paio di domande ai relatori sulle soluzioni allo studio e il percorso normativo che renderà obbligatori i sistemi di sicurezza avanzata.
A che punto siamo con l'obbligatorietà di sistemi che rilevano la stanchezza e l'attenzione del guidatore e dell'alcolock che blocca il motore in caso di ebbrezza?
Risponde Antonio Avenoso, direttore esecutivo ETSC: “Sì, è vero, stiamo pensando anche a questi dispositivi ma devo ammettere che siamo più indietro rispetto agli altri tre su cui puntiamo maggiormente. Diciamo che ormai la tecnologia individuata dovrebbe essere riferita ad un controllo degli occhi e dei battiti delle palpebre, oltre che degli scatti nella guida ed ai movimenti del viso. Ci sono comunque da risolvere ancora una serie di problemi legati alla privacy e ad una messa a punto generale”.
La tecnologia fa tanto, ma spesso è banalizzata dall'uso non corretto dei sistemi di ritenuta. Esistono dati aggiornati sull'uso delle cinture di sicurezza davanti e dietro e sull'uso del seggiolino in auto in Italia e in Europa?
Risponde il prof. Vito Mauro, docente del Politecnico di Torino e componente della Fondazione Caracciolo dell'ACI: “In Italia, soprattutto in alcune aree dell'Italia, si fa un po' ciò che si vuole perché c'è poca repressione. L'ACI ha compiuto un sondaggio presso una strada molto frequentata della periferia di Roma e abbiamo rilevato che su quella strada 7 guidatori su 100 stavano col telefonino appoggiato all'orecchio, quindi avevano una sola mano libera ed erano concentrati su altro. Gli unici, veri controlli sono sui limiti di velocità. Se poi aggiungiamo che i veicoli sono molto vecchi, le strade non sono mantenute bene, fatta eccezione per le autostrade, la risposta viene da sé”.