Deroghe alle limitazioni degli spostamenti causa Covid: c'è differenza tra domicilio, residenza e abitazione? Ecco le risposte
Qual è la differenza tra domicilio, residenza e abitazione? Fino a poco meno di un anno fa nessuno, o quasi, si sarebbe appassionato alla questione. Ma con le limitazioni agli spostamenti causa Covid abbiamo iniziato a prendere confidenza con queste definizioni, visto che ogni provvedimento di restrizione, che inibisce ad esempio la circolazione fuori dal proprio Comune o tra regioni diverse, si conclude sempre precisando che “è comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione”.
SPOSTAMENTI COVID: RESIDENZA
Per residenza si intende giuridicamente il luogo in cui la persona ha la dimora abituale. La residenza risulta dai registri anagrafici ed è quindi conoscibile in modo preciso e verificabile in ogni momento. Insomma, sulla residenza non si può proprio mentire dato che viene indicata sul documento d’identità che dev’essere esibito, su richiesta, a ogni controllo delle forze di polizia.
SPOSTAMENTI COVID: DOMICILIO
Il domicilio, invece, è giuridicamente definito come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Il domicilio può essere diverso dalla propria residenza. Per esempio una persona che si trasferisce momentaneamente in un’altra città (per lavoro, per studio, ecc.) nella stragrande maggioranza dei casi mantiene la residenza nel luogo d’origine ma prende il domicilio in quello dove studia o lavora, essendo appunto diventata “la sede principale dei suoi affari e interessi”. Nel caso di un controllo il domicilio si può dimostrare esibendo, ad esempio, la tessera universitaria, il contratto o più semplicemente il badge lavorativo, oppure il contratto di affitto della casa dove si dimora.
SPOSTAMENTI COVID: ABITAZIONE
Come sottolineano le FAQ sul sito del Governo, il concetto di abitazione non ha una precisa definizione tecnico-giuridica. Pertanto ai fini dell’applicazione del DPCM 14 gennaio 2021 (e di quelli successivi) l’abitazione va individuata come il luogo dove si abita di fatto, con una certa continuità e stabilità (quindi per periodi continuativi, anche se limitati, durante l’anno) o con abituale periodicità e frequenza (per esempio in alcuni giorni della settimana per motivi di lavoro, di studio o per altre esigenze). L’esempio classico sono le persone che per motivi di lavoro vivono in un luogo diverso da quello del proprio coniuge o partner, ma che si ritrovano con lui o lei con regolare frequenza e periodicità nella stessa abitazione.
Da segnalare che l’ultimo DPCM consente ai componenti di un medesimo nucleo familiare convivente di spostarsi verso le seconde case, per qualunque motivo, anche se situate in un’altra regione o provincia autonoma. Per seconda casa si intende un’abitazione non principale già fruibile in data anteriore al 14 gennaio 2021, con esclusione delle locazioni brevi non soggette a registrazione.
Lo spostamento verso un’abitazione è forse più difficile da comprovare rispetto a residenza e domicilio: il soggetto interessato deve quindi dotarsi della documentazione che ritiene più utile a dimostrarne la legittimità (p.es. nel caso della seconda casa l’atto d’acquisto o di affitto).
C’È DIFFERENZA TRA DOMICILIO, RESIDENZA E ABITAZIONE?
Il rientro verso il domicilio, la residenza o l’abitazione, ovunque essi siano, è una deroga ammessa da gran parte delle disposizioni che limitano gli spostamenti, e non c’è differenza tra l’una e l’altra definizione. È possibile quindi spostarsi verso residenza, domicilio o abitazione anche se si abita o bisogna recarsi in una zona rossa, motivando lo spostamento con l’apposita autocertificazione. Nessuna deroga, invece, durante l’orario del coprifuoco (dalle 22 alle 5 del giorno successivo), che ammette solo gli spostamenti per motivi di lavoro, salute e necessità.