Stop alla benzina, il piano della Cina per evitare l'apocalisse dell'aria

La Cina pensa di bandire le automobili a combustione ma le date sono incerte. La qualità dell'aria dovrebbe migliorare ma rimane l'incognita-carbone
I cinesi sono circa 1,3 miliardi ma la diffusione delle automobili è ancora piuttosto bassa, dato che nel 2016 il parco è arrivato a 194 milioni di unità. Una altro dato rilevante è il tasso di urbanizzazione di questo enorme Paese, che nel 2015 è arrivato al 56,1% e nel 2016 ha toccato il 60%: una semplice proporzione ci dice quindi che le città cinesi accolgono almeno di 700 milioni di persone distribuite in enormi megalopoli da milioni di abitanti. Non ci stupiamo quindi delle contromisure che il Governo ha già messo in atto per spingere le auto a basse emissioni nelle città (leggi del boom di elettriche low-cost in Cina ad onta della loro bassa autonomia). Il recente annuncio di voler vietare le auto a combustione è ancora più “forte” ma le incertezze non mancano, a partire dalla data che ancora non c'è.
IL BANDO È ALLO STUDIO Le Agenzie di stampa hanno “battuto” la notizia nel fine settimana, il succo della quale è che le Autorità cinesi stanno valutando il “quando” proibire la produzione e la vendita delle automobili che usano i carburanti tradizionali. La fonte è l'agenzia ufficiale Xinhua, che ha anche citato i commenti del Viceministro dell'industria e dell'Information technology, che prevedeva “tempi turbolenti” per le Case che saranno costrette ad adattarsi velocemente. Xin Guo Bin ha infatti dichiarato sabato, in occasione di un forum sull'industria automobilistica nella città di Tianjin, che “il Ministero ha avviato una ricerca importante e stabilirà una linea temporale con i dipartimenti coinvolti. Queste misure implicheranno certamente cambiamenti profondi nello sviluppo della nostra industria automobilistica”.
OBIETTIVI TROPPO AMBIZIOSI? Xin ha anche citato le misure prese da altri Stati che hanno già stabilito le date a partire dalle quali sarà proibito vendere le automobili alimentate da carburanti tradizionali. Sappiamo infatti che il Regno Unito e la Francia hanno dichiarato il loro divieto all'immatricolazione di nuove a benzina e diesel dal 2040 e anche in Italia due Commissioni parlamentari hanno invitato il Governo a valutare uno stop simile sempre per il 2040. In attesa di conoscere la data della svolta, ricordiamo che il Governo cinese, per combattere l'inquinamento atmosferico e ridurre lo scarto competitivo fra i produttori nazionali e i loro competitor globali, ha fissato un obiettivo per le elettriche e le ibride plug-in: entro il 2025 esse dovranno rappresentare almeno il 20% delle vendite di auto nuove.
Il mercato cinese è l'Eldorado delle elettriche, dato che nel 2016 esso ha visto la vendita di 336 mila veicoli “new energy”, una valanga che ha portato il parco circolante a superare il milione di unità; entrambi i dati rappresentano record mondiali. Per aumentare l'appeal delle elettriche il Governo ha inoltre ordinato ai produttori di energia elettrica statali di accelerare l'installazione delle stazioni di ricarica. Gli obiettivi intermedi erano, per le elettriche e le ibride plug-in, l'8% entro il prossimo anno, il 10% 2019 e il 12% per cento nel 2020. Queste quote sono state posticipate di un anno, e cioè al 2019, perché l'industria non sarebbe stata in grado di soddisfarle già dal 2018.
L'EFFETTO CARBONE Pechino ha speso miliardi di dollari in incentivi alle elettriche e sussidi di ricerca ma ora intende spostare l'onere finanziario verso le Case e il sistema delle quote è funzionale a questo obiettivo. Lo stop alle vendite delle automobili a benzina e gasolio avrebbe un effetto significativo sul consumo di petrolio in Cina, attualmente il secondo consumatore al mondo.
Queste misure rischiano però di avere un impatto positivo soltanto nelle aree urbane, zone nelle quali il carbone è usato meno estesamente che nel resto della Cina. Le città soffrono comunque molto: il ministero della Protezione Ambientale ha rivelato che la qualità dell'aria nei primi 6 mesi del 2017 è stata peggiore del 2016 e questo nonostante i blocchi del traffico (leggi che l'auto è solo la punta dell'iceberg dello smog) e le azioni in favore delle rinnovabili; in effetti la Cina è diventata il primo produttore mondiale di energia fotovoltaica. La situazione è anche peggiore nelle aree industriali del Nord e nelle città vicine, soprattutto in inverno: il carbone la fa ancora da padrone e il particolato PM 2,5 è alle stelle. La lotta per la qualità dell'aria dev'essere integrata e comunque richiederà tempo per portare al risultato che la Cina si è prefissa: diventare il portabandiera dell'ecologia nel mondo, dato che gli USA hanno cambiato rotta (leggi di Trump che sfida California e EPA sulle emissioni auto).