Strage bus Avellino: in 15 rinviati a giudizio

Strage bus Avellino: in 15 rinviati a giudizio A 3 anni dalla strage di Acqualonga

A 3 anni dalla strage di Acqualonga, il Gup rinvia a giudizio 15 indagati, tra cui il titolare dell'agenzia e i funzionari della Motorizzazione

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10 Maggio 2016 - 06:05

Per ora, non c'è nessun colpevole, ma per la più grave incidente stradale mai verificatasi in Italia (vedi qui) scattano i rinvii a giudizio. Ci riferiamo alla strage di Avellino del 26 luglio 2013, che costò la vita a 40 persone, precipitate dal viadotto Acqualonga, in territorio di Monteforte Irpino (Avellino), dell'autostrada A16 Napoli-Canosa, un tratto gestito da Autostrade per l'Italia. Che scatenò furibonde polemiche sin dall'inizio (vedi qui). Il Gup (Giudice per le udienze preliminari) del Tribunale di Avellino, Gianfrancesco Fiore, ha disposto il rinvio a giudizio delle 15 persone accusate a vario titolo di omicidio plurimo colposo e disastro colposo (ossia per imperizia, imprudenza). La prima udienza davanti ai giudici del tribunale irpino si terrà il 28 settembre 2016. 

QUESTIONE GUARDRAIL Saranno giudicati, tra gli altri, i vertici della società Autostrade per l'Italia che, secondo i risultati dell'inchiesta della Procura di Avellino (coordinata dal procuratore Rosario Cantelmo, e dai sostituti Cecilia Annecchini e Armando Del Bene), “avevano l'obbligo giuridico di impedire il gravissimo incidente stradale”: nella perizia commissionata dalla Procura a un'équipe di esperti di fama nazionale, è emerso che la barriera protettiva del viadotto cedette all'impatto con il bus perché i tirafondi (leggi qui), cioè i bulloni che fissano al suolo la barriera, erano vistosamente usurati dal tempo e senza che nel frattempo fossero stati messi in essere interventi di manutenzione (vedi qui le indagini sul guardrail). 

NON SOLO LE BARRIERE Ma secondo i Pm non furono solo le barriere a provocare il disastro. Il veicolo su cui viaggiava la comitiva non era stato revisionato e aveva percorso 800.000 chilometri. La stessa perizia ha accertato che il bus, percorrendo il tratto in discesa in direzione Napoli, ebbe un guasto all'impianto frenante. L'autista, Ciro Lametta, morto nell'incidente, tentò di rallentare la corsa senza controllo dell'automezzo accostandosi alle barriere protettive del viadotto, che invece cedettero. Come SicurAUTO.it denunciò qui.

NOMI PESANTI Sul banco degli imputati compariranno Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, e Riccardo Muollo, all'epoca direttore generale, insieme ai componenti della direzione centrale della società, Giulio Massimo Fornaci (responsabile pavimentazione e barriere di sicurezza). Ma anche Marco Perna (responsabile delle barriere di sicurezza sull'intero tratto della Napoli-Canosa), con i direttori, succedutisi negli anni, del Sesto Tronco, nel quale ricade il viadotto “Acqualonga”: Nicola Spadavecchia, Paolo Berti, Michele Renzi, Gianluca De Franceschi, Michele Maietta, Giovanni Marrone e Antonio Sorrentino. Completano la lista degli imputati, Gennaro Lametta, fratello di Ciro Lametta, titolare dell'agenzia che noleggiò il bus, e i due dipendenti della Motorizzazione civile di Napoli, Vittorio Saulino e Antonietta Ceriola: devono rispondere anche di falso in atto pubblico per aver attestato falsamente l'avvenuta revisione del bus. 

LA DIFESA DEI VERTICI I difensori dei vertici della società Autostrade avevano chiesto il proscioglimento dei loro assistiti. In particolare, il professor Franco Coppi, che assiste l'ad Giovanni Castellucci, aveva evidenziato che “l'organizzazione della società in nove dipartimenti prevede l'autonomia operativa dei responsabili, che esclude il coinvolgimento in responsabilità dei vertici aziendali”. Delle 113 parti civili ammesse all'udienza preliminare arriveranno al processo meno della metà, in seguito all'accordo sui risarcimenti raggiunto in questi mesi con la compagnia assicuratrice della società Autostrade. Si tratta di parenti stretti delle vittime che quella domenica d'estate stavano tornando a Pozzuoli (Napoli) dopo una gita di alcuni giorni trascorsa nei luoghi di san Pio da Pietrelcina.

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