Test sulle emissioni UE: Costruttori uniti sulle prove di guida reali

Test sulle emissioni UE: Costruttori uniti sulle prove di guida reali L'Acea esorta il Parlamento europeo a definire regole chiare sulle prove

L'Acea esorta il Parlamento europeo a definire regole chiare sulle prove, ma non è così semplice mettere d'accordo tutti sui test di guida reali

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22 Gennaio 2016 - 10:01

Lo avevamo detto da tempo, da quando lo scandalo “dieselgate” ha iniziato a scoprire le sue carte e ad avvolgere nel mistero una serie di Costruttori in difficoltà, nonostante, almeno per ora, da parte loro (eccetto il gruppo Volkswagen) non ci sia stato nessun tentativo di occultare attraverso strane “trovate” l'illegalità delle loro emissioni inquinanti. Così, emerge il bisogno di ulteriore chiarezza sulle future normative che regolano i test per rilevare le emissioni dei veicoli e a dirlo a gran voce è anche l'Acea (associazione dei costruttori europei di auto). Ecco quale è lo scenario che sta dietro una richiesta tale.

C'E' MOLTA INCERTEZZA – Prima di entrare nel vivo della questione, è possibile capir meglio la problematica nascosta dietro lo scandalo facendo un quadro della situazione: da una parte ci sono i Costruttori (coinvolti “nella bufera” dello scandalo; leggi qui i particolari) che hanno bisogno di trovare un compromesso con le Istituzioni competenti, perché, come già abbiamo riferito più volte (da quando il “dieselgate” tiene “banco” nella cronaca automobilistica), un conto è attenersi ai test in laboratorio, che eseguiti in un certo modo emettono risultati in linea con le aspettative; un conto invece è testare le emissioni durante una simulazione di guida reale all'aperto, dove l'andamento della marcia, le caratteristiche del fondo stradale e il fattore climatico alla fine influenzano di molto le emissioni inquinanti (sarà così anche per Fca? Leggi qui a cosa potrebbe andare incontro il Gruppo italo-americano). Il segretario generale dell'Acea, Erik Jonnaert, ha sottolineato come “l'industria ha urgentemente bisogno di chiarezza, in maniera che i costruttori possano programmare lo sviluppo e la progettazione di veicoli capaci di superare i nuovi test di misurazione delle emissioni effettuati sulla base di una guida normale (RDE)”. Aggiungendo anche che la stessa industria automobilistica “vuole i nuovi test RDE al fine di ricreare la fiducia dei legislatori e dei consumatori sulle prestazioni ambientali dei nuovi veicoli”.

SENZA TOLLERANZA – Dall'altra parte però ci sono le Istituzioni, i politici, gli ambientalisti, che fino ad ora hanno adottato limiti sempre più severi ma con i test eseguiti esclusivamente al banco, fino al punto che la successiva verifica in condizioni di guida reale ha creato una discrepanza netta con i valori emessi in laboratorio e nonostante tutto, pur considerando le variabili che incidono sul risultato finale, non si vuole abbassare la testa nella revisione di limiti più tolleranti. Se, come sostiene il movimento ambientalista, è l'industria automobilistica a dover trovare una soluzione, anche sospendendo la distribuzione dei dividendi e investendo nella ricerca tutti gli utili (come sostenuto in una risoluzione votata il 27 ottobre dal Parlamento europeo), allora il futuro dell'auto è gravemente messo a rischio (infatti i Costruttori stanno “tremando”, leggi chi altro è coinvolto nello scandalo “dieselgate”). Innanzitutto resterebbe il problema delle auto già circolanti e prodotte, inoltre non si ha nessuna progettazione di automobili “più pulite”, così le Case dovrebbero accelerare un processo prematuro senza conoscerne gli esiti, che andrebbero chiaramente a determinare il loro futuro.  

LA QUESTIONE E' QUESTA – Come si è arrivati a questo punto? La risposta è una sola: il grande problema è che si è affrontata troppo tardi la questione dei test con cui rilevare le emissioni dei veicoli. Si sa da molti anni che i valori espressi in laboratorio non sono poi quelli che le automobili emettono in condizioni di guida reale e siccome nessuno ha fatto nulla per chiarire questo aspetto e dar vita a nuove linee di condotta, allora le Aziende hanno cominciato anche a “giocarci su”, comunicando al mondo intero quanto erano “pulite” le loro automobili. Solo che, un bel giorno, più di qualcuno, stufo di sentirselo dire, ha aperto gli occhi e ha dimostrato che lo stato della questione è un altro, mettendo così dinanzi la realtà sia i politici che i Costruttori (ecco lo scandalo “dieselgate). Ora, dopo una votazione avvenuta lo scorso 18 gennaio, il Parlamento europeo si è dato un mese di tempo (fino alla fine di febbraio) per capire se adottare ancora una linea più dura e restrittiva o accettare le richieste dei Costruttori, che disperatamente cercano, grazie anche all'aiuto degli Stati, un compromesso per continuare a lavorare sulla linea “verde” ma con più tolleranza e con il tempo dalla loro parte. La questione è una: è davvero necessario altro tempo? Non ne è passato già troppo? La soluzione non sembra già evidente, considerate le parti in gioco? Bisogna solo rimanere alla finestra, al resto ci pensa lo scandalo “dieselgate”.

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