Toyota e Denso: nuova partnership per i sensori della guida autonoma La joint-venture tra Toyota e Denso del valore 50 milioni di yen punta a sviluppare nuovi semiconduttori per il monitoraggio ambientale delle auto a guida autonoma

Toyota e Denso: nuova partnership per i sensori della guida autonoma

La joint-venture tra Toyota e Denso del valore 50 milioni di yen punta a sviluppare nuovi semiconduttori per il monitoraggio ambientale delle auto a guida autonoma

10 Luglio 2019 - 06:07

Toyota accresce gli sforzi per sviluppare la guida autonoma. Il colosso giapponese si allea con il produttore di ricambi nipponico Denso per creare una joint-venture dedicata ai veicoli elettrici, connessi e autonomi. All’interno della nuova società Denso deterrà il 51% delle quote. Ci si aspetta un colosso commerciale del valore di circa 408 milioni di euro capace di dettare la linea tecnologica nel campo dell’automotive. La joint-venture tra Toyota e Denso non è un fulmine a ciel sereno perché già lo scorso anno i due marchi avevano deciso di fare squadra per affrontare insieme sfide importanti. La notizia della partnership giapponese in tema di semiconduttori arriva in un momento particolare. Proprio la scorsa settimana Toyota aveva dato vita ad una alleanza con altri 5 costruttori per mettere i campo una proposta unitaria in tema di guida autonoma.

POTENZA IN UN CHIP

Toyota Motor e il produttore di ricambi Denso hanno annunciato una nuova alleanza. Secondo quanto riporta Reuters i marchi hanno concordato di creare una joint-venture per lo sviluppo di semiconduttori automobilistici di prossima generazione mentre l’industria si sposta verso i veicoli connessi e autonomi. Denso, che fa del gruppo Toyota, deterrà il 51% della nuova società, con Toyota che controllerà la parte restante. Sulla questione i due marchi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta. La società nascerà ad aprile 2020 con una capitalizzazione di 50 milioni di yen, che corrispondo a circa 408 milioni di euro. L’organico conterà su una forza lavoro di circa 500 dipendenti. L’azienda si concentrerà sullo sviluppo di componenti quali moduli di potenza per veicoli elettrici e sensori di monitoraggio la guida autonoma. La potenza di calcolo richiesta dai sistemi sta aumentando in quanto le automobili diventano sempre più collegate tra loro e con le infrastrutture.

ACCELERARE L’INNOVAZIONE

Oltre a chip sempre più potenti i sistemi a guida autonomi avranno anche bisogno di sensori all’avanguardia. Come sappiamo dai sensori dipende la capacità delle auto di percepire il mondo che le circonda. L’interpretazione dei dati raccolti permetterà ai mezzi di prendere decisioni critiche, come frenare o sterzare per evitare un ostacolo, in una frazione di secondo. L’accordo tra Toyota e Denso non deve stupire. A giugno dello scorso anno i marchi hanno deciso di consolidare la produzione e lo sviluppo dei componenti elettronici al fine di migliorarne l’efficienza e accelerarne l’innovazione. Le due società collaborano anche con un altro fornitore del gruppo Toyota, Aisin Seiki per implementare un centro di sviluppo per la guida autonoma a Tokyo. Dal marzo dello scorso anno è infatti attivo il Toyota Research Institute – Advanced Development cuore delle operazioni driveless.

LA GUIDA AUTONOMA

La settimana scorsa Daihatsu, Isuzu, Mazda, Subaru e Suzuki hanno aderito alla sua joint-venture Monet Tecnologies. Guidata da Toyota la società vuole coordinare gli sforzi comuni verso l’auto senza conducente. All’interno della compagine Toyota e Softbank detengono una quota di circa il 35% ciascuno. Da parte loro tutti gli altri brand dell’auto giapponese si limitano a controllare un 2% a testa. Gli esperti ritengono che la piattaforma driveless Monet si baserà sul concept Toyota e-Palette che aveva fatto il suo debutto internazionale nel 2018 al CES di Las Vegas. L’idea sarebbe quella di un mezzo per la mobilità condivisa che possa coniugare il trasporto di persone e quello di cose. Ecco allora che l’impegno di Toyota si conferma trasversale. Non solo lo sviluppo di soluzioni tecnologiche ma anche la loro condivisione per contenere i costi di ricerca e favorire l’innovazione.

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