Alfa Romeo torna in Formula 1: ecco cosa ha vinto nella sua storia

Alfa Romeo torna in Formula 1: ecco cosa ha vinto nella sua storia Dalle mitiche "Alfetta? alla fallimentare 185T: una storia di successi

Dalle mitiche "Alfetta? alla fallimentare 185T: una storia di successi, delusioni, auto, motori, piloti e passione che l'Alfa Romeo riaccende in F1

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30 Novembre 2017 - 10:11

Nel 2018, la Formula 1 riabbraccerà in forma definitiva ed ufficiale il Marchio Alfa Romeo. L'accordo con Sauber Motorsport AG, dunque, riporta in auge il glorioso Marchio del Biscione, ultimamente defilato all'interno del panorama sportivo. Alfa Romeo, invero, è sinonimo di competizioni: Formula 1, Endurance (vetture Sport-Prototipi, Gran Turismo e Turismo), Turismo, CART, DTM, campionati nazionali ed internazionali. La storia dell'Alfa Romeo in Formula 1 inizia all'alba del Mondiale Piloti stesso: corre l'anno 1950.

1950-1951, GLI ANNI DELLA “ALFETTA” L'Alfa Romeo 158 è la protagonista del successo datato 1950. Grazie a tale monoposto, Giuseppe Farina si laurea Campione del Mondo: il pilota italiano precede i compagni di squadra Juan Manuel Fangio e Luigi Fagioli. La 158 è un prodigio della tecnica. Progettata da Gioachino Colombo, si affida ad un 8 cilindri in linea di 1500cc di cilindrata – longitudinale anteriore – sovralimentato mediante compressore volumetrico doppio stadio di tipo Roots. Le misure di alesaggio e corsa sono pari a 58 mm x 70 mm, la potenza massima si attesta attorno ai 350 CV a 8500-9000 giri/minuto ad un rapporto di compressione di 7,5:1. I consumi sono esorbitanti: alimentata con metanolo al 98%, la “Alfetta” percorre poco più di 600 metri con un litro di carburante. Nel 1951, le “Alfetta” 159 concedono il bis. La vettura che consente a Fangio di aggiudicarsi il suo primo titolo mondiale è parente stretta della 158 dell'anno precedente, ma non mancano modifiche e aggiornamenti. Il motore è ulteriormente potenziato: ora è in grado di erogare poco oltre 420 CV ad un regime massimo di poco superiore i 9000 giri/minuto.

DAI 4 CILINDRI AI V8: 1962-1971 Nel corso della cosiddetta “formula 1500” (1961-1965), alcuni team privati e costruttori indipendenti impiegano il motore Alfa Romeo 4 cilindri aspirato derivato dalla Giulietta. Cooper T53, LDS MKI, Alfa Special, De Tomaso. Infine, tra il 1970 ed il 1971, McLaren e March adottano il V8 aspirato di 3000cc T33: la McLaren lo fa coi modelli M7D e M14D condotti da Andrea De Adamich e Nanni Galli, la March (ma solo quelle iscritte dal STP March Racing Team) con la celebre 711, affidata ancora una volta ad Andrea De Adamich, Nanni Galli e Ronnie Peterson.

1976-1979, V12 PER LA BRABHAM Nel 1976, l'Alfa Romeo si riaffaccia in Formula 1. Lo fa andando a motorizzare la Brabham BT45 Martini Racing, grazie all'introduzione di un nuovo V12 di 180°, aspirato e di 3000cc. Le Brabham motorizzate Alfa Romeo, tutte progettate da Gordon Murray, si dimostrano competitive, tuttavia riescono a racimolare solo due vittorie iridate: il merito va a Niki Lauda, vincitore dei GP di Svezia (unica gara della famigerata, e poi bandita, Brabham “ventilatore”) e Italia nel 1978, al volante rispettivamente delle BT46B e BT46A. Frattanto, nel 1979, la BT48 – ultima Brabham azionata dal V12 Alfa Romeo – presenta il nuovo V12 di 60°, più confacente alle esigenze aerodinamiche delle “Wing-Car” ad effetto suolo.

1979-1985, BELLE AUTO, TANTI RIMPIANTI Nel 1979, affianco alla fornitura dei V12 alla Brabham, l'Alfa Romeo-Autodelta è nuovamente impegnata in F1 con le proprie vetture. Lo staff tecnico diretto da Carlo Chiti sfodera la originale 177, immediatamente rimpiazzata dalla più efficace e filante 179. Questo modello, aggiornato, sarà impiegato anche nel 1980. Nel 1981 è la volta delle 179C e 179D, monoposto che lasciano spazio, nel 1982, alla altrettanto veloce ma inaffidabile 182. La bella “Wing-Car” è l'ultima monoposto Alfa Romeo ad essere spinta dal V12 di 60° aspirato di 3000cc, motore che, tra il 1983 ed il 1984, verrà adottato dalla Osella per la sua FA1E . Nel 1983, infatti, anche l'Alfa Romeo si converte alla motorizzazione Turbo. Nascono, in sequenza, le 183T, 184T e 185T, vetture dal grande potenziale ma inaffidabili. Il motore è un 8 cilindri in V di 90°, di 1500cc, sovralimentato mediante due turbocompressori. Nel 1985 (misure di alesaggio e corsa pari a 74 mm x 43,5 mm), è accreditato di circa 820-840 CV in configurazione gara, ad una pressione di sovralimentazione di 2,6-2,9 bar. Dal 1979 al 1985, l'Alfa Romeo coglie magri risultati, benché le monoposto nascondano un evidente potenziale. In questo senso, la spesso farraginosa gestione tecnico-sportiva della scuderia (Autodelta-Euroracing) si riverbera sui progetti, sulla gestione e sullo sviluppo delle vetture. Bruno Giacomelli ed Andrea De Cesaris sono i piloti che firmano le due uniche pole-position di questo periodo (Watkins Glen 1980 e Long Beach 1982). Cinque, invece, i podi ottenuti dal 1979 al 1985: Giacomelli è 3° a Las Vegas 1981, De Cesaris è 3° al GP di Monaco 1982 e 2° ad Hockenheim e a Kyalami 1983, Riccardo Patrese, infine, è 3° al GP d'Italia 1984. A De Cesaris anche il giro veloce in gara in occasione del GP del Belgio (Spa-Francorchamps) 1983. A fine 1985, all'indomani del GP d'Australia in quel di Adelaide (ancora conclusosi, per Riccardo Patrese ed Eddie Cheever, con gli ennesimi ritiri), l'Alfa Romeo saluta la Formula 1. Nel 1987, a corredo di anni – per quanto riguarda l'impegno in F1 – assai travagliati, salta anche l'accordo con il team Ligier Loto circa la fornitura del nuovo 4 cilindri in linea Turbo concepito da Gianni Tonti, sulla carta destinato alla Ligier JS29. In totale, l'Alfa Romeo, dal 1950 al 1985 e contemplando anche il solo impegno in qualità di motorista, consegue 12 vittorie, 15 pole-position e 40 podi.

 

Articolo a cura di Paolo Pellegrini

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